«I miei dipendenti sono pagati ma non riesco a farli lavorare»

L’ex questore Forleo guida un consorzio di raccolta: «Contratti assurdi»

da Napoli

Francesco Forleo, ex questore di Milano e di Brindisi, è oggi a capo del Consorzio Napoli 3, uno dei diciotto consorzi i cui dipendenti dovrebbero occuparsi della raccolta differenziata: e che secondo la denuncia del sindacato Cisal sono pagati per non fare niente.
Quanti uomini ha alle sue dipendenze?
«Circa 200».
Lavorano?
«Diciamo che per una parte del tempo si riesce ad impiegarli, e per un’altra no».
Perché non lavorano? Perché non ci sono i mezzi, come dice il sindacato, o perché si rifiutano di farlo?
«I problemi sono molti, e si assommano gli uni agli altri. Ma la cosa più grottesca è che trovargli un lavoro da fare è reso spesso impossibile dal contratto Federambiente, il contratto collettivo di lavoro. In teoria i quaranta comuni del Nolano e dell’Avellinese che fanno parte del consorzio Napoli 3 sono obbligati a rivolgersi a noi per effettuare la raccolta differenziata. Peccato che quando arriviamo in un Comune scatta l’articolo 6 del contratto che ci obbliga ad assumere e a far lavorare degli altri dipendenti, e cioè quelli che dimostrano di avere già lavorato per almeno sei mesi in quel Comune. Così i dipendenti del consorzio restano senza lavoro, anche se naturalmente bisogna continuare a pagarli».
Al Commissariato dicono che le assunzioni in massa hanno portato nei Consorzi molti ex detenuti, gente che non ha mai lavorato e non intende certo iniziare a farlo ora.
«Tra migliaia di dipendenti è inevitabile che ci sia un po’ di tutto. Ma la maggior parte dei dipendenti del mio consorzio vorrebbe poter lavorare davvero».
Intanto Napoli è bloccata dal braccio di ferro di Pianura. Da ex poliziotto, come se ne esce?
«Col dialogo, innanzitutto.

Ma il dialogo è reso complicato dal momento di crisi vissuto dalla politica. E se si è deciso di aprire la discarica, la discarica va aperta. A volte uno Stato ha anche il dovere di usare la forza. Lo dice uno che per avere rispettato questo obbligo si è fatto dodici mesi di carcere militare».

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