Giuseppe De Bellis
Il peggior cliente è un signore che entra un martedì sera: «Ho un tavolo prenotato». Allora il cameriere non sa che fare: il ristorante non accetta prenotazioni, luomo che ha di fronte mente. Poi ce nè unaltra, che dice di essere allergica: «Ma poi ordina un piatto che ha proprio quellingrediente che non vorrebbe. E lei mangia, ovviamente». I camerieri devono ingoiare tutto: «Sorridono sempre». Sorridono a quellumanità stravagante e spesso poco gradevole che è il genere dei clienti-di-ristorante: «In quei momenti, la gente è affamata e sta bevendo alcolici. Due delle peggiori condizioni umane».
Frank Bruni ora scrive e racconta: «Ecco la mia settimana da cameriere». Lui è il critico gastronomico del New York Times: di solito si siede a un tavolo da solo e aspetta di essere servito. Riverito, anche: quelli che hanno fatto il suo mestiere prima di lui erano una specie di giudici supremi, dai quali poteva dipendere il futuro di un locale. Comincia a essere così con lui: chi si occupa di ristoranti al Times è unistituzione. Allora oggi Frank lo conoscono tutti. Così per questo per fare quello che ha fatto ha preso la macchina e ha guidato per 160 miglia: ha lasciato New York per andare a Cambridge, nel Massachusetts, attaccato a Boston. Lì con la complicità di un amico sè finto cameriere: «Il proprietario del ristorante non ha interessi commerciali a New York e mi ha aiutato, mi ha spacciato per un free-lance che doveva arrotondare il suo stipendio». Sette giorni. Sette serate passate al East Coast Grill: «Lavevo già fatto una volta, ventanni fa e solo per sei mesi. Per il resto della mia vita sono stato sempre dallaltra parte del tavolo».
Bruni è un timido e fargli raccontare la sua esperienza diventa unimpresa. Però alla fine lo fa. Al Giornale racconta che «la cosa peggiore da cameriere è accorgersi che qualcuno non ti considera un uomo, anche se poi altri clienti ti trattano benissimo». Poi ci sono le mance: «Molti non ne capiscono limportanza». Anche qui ci sono le eccezioni: «Qualche cliente lascia anche il 50%».
La scoperta finale è che fare il cameriere è dura. Ritmi, stress, attenzione. Frank Bruni fa capire che essere un critico è molto più semplice e non solo per lo stipendio, che per chi lavora in un ristorante si aggirà sui 45mila dollari. È difficile perché bisogna «restare calmi davanti al caos totale». Il caos lui lha anche provocato: «Il giovedì ero nel pallone. A un certo punto avevo due carte di credito in mano, le ho portate al tavolo e i clienti mi hanno detto che nessuna delle due apparteneva a loro». Non è stato lunico errore: «Ho fatto cadere del cibo sui piedi di alcuni clienti, ho sbagliato ordinazioni e sbagliato a consegnare piatti ad altri tavoli». Poi ci sono problemi che un altro tipo di lavoratore non può capire: «A un certo punto mi è venuta la tosse. Minacciava di scoppiarmi proprio mentre stavo parlando con tre clienti seduti a un tavolo. Non sapevo come fare: ovviamente non potevo tossire nella mia mano, visto che avrebbe toccato i loro piatti e non potevo tossire neanche nellaria. Allora ho deciso di stringere le labbra, chiudendole il più possibile, e ho tossito internamente. Stavo per soffocare».
Nel frattempo gli ospiti possono essere difficili da sopportare. Come la signorina della falsa allergia e il signore che sostiene di aver prenotato in un ristorante dove non è consentita la prenotazione. Poi un altro: «È quello che ordina e pretende di sapere esattamente tutto del piatto. Me lo spiega quattro volte. Ci sono persone che sembra facciano di tutto per essere delusi alla fine».
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