I miliardi della Fed sono finiti anche alle banche europee

Le too big to fail di Wall Street certo non potevano mancare; e sorprende fino a un certo punto anche il coinvolgimento di qualche colosso industriale della Corporate America; più sorprendente, invece, è che una buona fetta dei quasi 3.300 miliardi di dollari messi a disposizione della Federal Reserve nel periodo buio della crisi finanziaria sia finita anche nelle casse delle banche europee, di filiali newyorchesi di due istituti italiani e perfino della Bce. Un flusso di denaro torrentizio che rende ancor meno comprensibile la decisione di lasciar deragliare Lehman Brothers fino al binario morto della bancarotta.
Le cifre contenute nei documenti divulgati dall’Istituto guidato da Ben Bernanke danno comunque il senso della grande emergenza venutasi a creare tra il dicembre 2007, quando il virus dei mutui subprime aveva già fatto di Bear Stearns la prima vittima eccellente, e il luglio di quest’anno: 21mila le transazioni effettuate, spalmate su una serie di prestiti classificati con nomi diversi (dal Term auction facility, al Commercial paper funding facility), ma con l’unica finalità di offrire una stampella finanziaria a chi ne faceva richiesta. Senza distinzione di nazionalità.
Il maggiore beneficiario degli aiuti è stata infatti l’inglese Barclays, che ha goduto di un credito di quasi 250 miliardi di dollari. Ma nell’elenco compaiono anche le principali banche europee che avevano palesato le maggiori difficoltà a reggere l’onda d’urto della recessione: c’è Royal Bank of Scotland, Société Générale, Ubs, Dexia Bayerische Landesbank, Dresdner Bank, Commerzbank. Un paio di istituti italiani ha inoltre fatto ricorso agli aiuti per sostenere le proprie sussidiarie newyorchesi, mentre la Bce ha utilizzato i programmi di swap in dollari complessivamente 271 volte dal dicembre 2007 fino ai mesi più recenti per far fronte alla crisi del debito in Europa. Nella lista della Fed, che ha pubblicando i documenti attenendosi a quanto previsto dal Dodd-Frank Act, la legge di riforma della finanza, sono inoltre presenti i marchi Usa più noti della finanza come Goldman Sachs, American Express, Bank of America, Morgan Stanley e gruppi industriali famosissimi come General Electric, Ford, Chrysler, Harley-Davidson e McDonald’s. La Fed ha assicurato che gran parte dei prestiti sono già stati ripagati, di non aver riportato perdite e di non prevedere di registrarne sui pochi ancora attivi grazie a un miglioramento delle condizioni finanziarie. Alcuni analisti avvertono, tuttavia, che la Banca centrale Usa potrebbe essere esposta per via dell’acquisto di obbligazioni a lungo termine. Più probabili le ripercussioni sull’opinione pubblica.

Potrebbe infatti risultare sgradita ai contribuenti americani, già insoddisfatti per come l’amministrazione Obama ha gestito la crisi, la notizia che buona parte dei fondi pubblici è stata impiegato non solo per soccorrere i colossi di Wall Street a rischio crac, ma anche per salvare le banche inglesi e tedesche.

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