I miliziani che non vogliono deporre le armi

Braccio armato di Fatah, hanno fatto concorrenza ai gruppi fondamentalisti nell’arruolare attentatori suicidi

Nate nel campo profughi di Nablus nell’ottobre del 2000, durante i primi giorni della seconda intifada, le Brigate Martiri Al Aqsa sono diventate l’etichetta sotto cui unificare i militanti armati di Fatah e dotare il principale partito palestinese di organizzazioni militari simili a quella di Hamas o della Jihad Islamica.
A differenza delle strutture clandestine fondamentaliste, le Brigate Al Aqsa hanno sempre sofferto per la mancanza di un comando centrale e la pressoché totale frammentazione interna. Le Brigate di Gaza e quelle in Cisgiordania hanno sempre seguito strategie e ordini diversi, spesso contrastanti. In Cisgiordania, le Brigate hanno cercato di far concorrenza alle cellule fondamentaliste reclutando kamikaze e adottando la tattica degli attacchi suicidi, prerogativa un tempo dei movimenti di matrice integralista. Per poter ampliare i propri quadri le Brigate hanno spesso dovuto allearsi con i clan della malavita locale inserendo molti ricercati per delitti comuni tra le propria fila. Questa scelta ha reso ancora più incontrollabili le diverse fazioni.
A Gaza, le Brigate hanno spesso lavorato in combutta con la Jihad Islamica e Hamas, operando sotto la sigla dei Comitati Popolari o dando vita a comandi operativi congiunti per l’attacco alle colonie israeliane. L’alleanza operativa con i gruppi fondamentalisti nella Striscia è venuta meno con il ritiro israeliano, quando si è sviluppata la competizione tra l’Autorità Palestinese e Fatah da una parte e gruppi integralisti dall’altra per il controllo di Gaza. Ma anche i rapporti con l’Autorità Palestinese sono diventati sempre più difficili. Il tentativo, mediato la scorsa primavera dall’Anp, di raggiungere un accordo con Israele per garantire l’impunità dei militanti ricercati in cambio di una loro identificazione e della registrazione delle armi in loro possesso, seguita da un arruolamento nelle milizie dell’Anp, è fallito. Le Brigate dopo lunghe discussioni hanno rifiutato la registrazione delle armi. L’Anp, da parte sua, non è riuscita nel tentativo di unificare le forze di sicurezza affidato dal presidente Mahmoud Abbas al ministro degli interni Nasser Youssef. L’insuccesso a Gaza è dovuto in larga parte alla rivalità tra Youssef e il ministro degli affari civili Mohammed Dahlan, che in verità punta a soffiargli la carica. Vero boss di Gaza, Dahlan continua a guidare attraverso il fido generale Rashid Abu Shabak le forze della Sicurezza Preventiva nella Striscia, pur avendone abbandonato il comando sin dal 2002, quando intraprese la carriera politica.

Grazie all’inazione di Shabak e delle forze di sicurezza, le Brigate sono rimaste libere di agire. Nel frattempo i comandanti hanno iniziato a utilizzare i propri uomini per far pressioni sull’Autorità Palestinese e ottenere in cambio finanziamenti o assunzioni fittizie e relativi salari.

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