I mistici Low si fanno più aggressivi

In trio il rock «suona» meglio. Prendete per esempio i Low, l'ascetica band americana di Duluth, Minnesota, punta di diamante della scena «slow core». Una sorta di rock al rallentatore - spuntato dal nulla a metà degli anni Novanta per reazione al furore grunge -, ma ad altissimo contenuto emozionale.
«La nostra musica è un sollievo al ritmo della società moderna - spiegavano qualche anno fa -. Non nasce da un senso di ribellione, ma dall'aver trovato una via alla soddisfazione dei propri bisogni interiori». Da quando però hanno firmato per la Sub Pop (l’etichetta che lanciò i Nirvana)- e, cioè, da due album a questa parte - Alan Sparhawk (chitarra e voce), la consorte Mimi Parker (batteria e voce) e Matt Livingstone (basso) sembrano aver adottato un registro più aggressivo, tirato e rumoroso. Come? Scuotendo le strutture, rendendo più ariose le ritmiche, distorcendo i volumi e arrochendo la voce.

Sostituendo, di fatto, ai vuoti e ai silenzi del passato un suono denso e polposo che, come nel caso di «Drums And Guns» (l'ottavo disco, l'ultimo in 15 anni della band supporter del tour italiano dei Radiohead), fa da ideale contrappunto ai testi, tra i più profondi e spirituali della media dei rocker loro contemporanei.
Rainbow, via Besenzanica 3
ore 21.30, Ingresso 16 euro.

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