I miti di Medusa e Fetonte raccontati dalle «pietre» vive

Simboli e virtù del corallo e dell’ambra nei gioielli provenienti dai nuovi scavi archeologici

Amuleto contro il malocchio, efficace in campo amoroso, utile contro l’umor nero e per curare un’infinità di malattie, il corallo ha goduto di grande fortuna fino al Rinascimento ed oltre. Non esisteva sostanza nell’antichità che fosse stimata degna di attenzione da parte dei poeti e dei mitografi come l’ambra, anch’essa ritenuta ricca di proprietà magiche e terapeutiche.
Propongono un affascinante viaggio nel tempo e nello spazio le due mostre «Coralli segreti» (Potenza, fino al 30 ottobre) e «Magie d’ambra» (Policoro, fino al 30 settembre), curate dalla Soprintendenza archeologica della Basilicata. Se a Palazzo Loffredo filo conduttore è il corallo (legato al mito di Medusa), simbolo del sangue, della vita e per i cristiani della Resurrezione, nel Museo della Siritide è l’ambra (che richiama il mito di Fetonte fulminato da Zeus), simbolo di luce e d’immortalità a guidare alla conoscenza di Enotri e Lucani, di Siris e Herakleia, a ricostruire la fitta rete di scambi fra Nord e Sud, fra Oriente e Occidente.
La mostra potentina presenta per la prima volta preziosi gioielli con inserti in corallo rinvenuti in sepolture del V-IV secolo a. C. a Metaponto, Herakleia, Lavello accanto a Scilla, Sirene e Nereidi che richiamano il viaggio verso il mondo dei morti e le speranze di salvezza. È tempestata di coralli l’armatura di un cavaliere mongolo, sfarzosi i copricapo e gli ornamenti yemeniti e berberi. In mostra anche gioielli italiani del XVIII e XIX secolo delle manifatture di Trapani e Torre del Greco e Madonne e Bambini, calici ed ostensori, presepi e fasce battesimali incrostati di corallo.
Nella mostra di Policoro protagonista è l’ambra, chiamata dai greci elektron per le sue proprietà elettrostatiche, profumata quando brucia e calda al tatto. La sua origine vegetale è nota da oltre duemila anni. Famosa quella del Baltico, abbondante l’ambra dell’America Centrale e ricchissima di inclusioni biologiche. Da una zanzara imprigionata nell’ambra s’immagina clonato il dinosauro di Jurassic Park. Solo fantascienza, ma l’ambra racconta mondi perduti da milioni di anni. In Basilicata il periodo di maggior fortuna si registra dal VII al IV secolo a.C.

Moltissime tombe scoperte in questi ultimi anni ci hanno restituito sontuosi ornamenti in ambra, argento e oro e piccole sculture. È stato trovato a Tricarico il pendente che raffigura il mito di Eos, la dea dalle splendide ali che rapisce il giovane Kephalos.

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