Trentanni fa, quando assistevamo ai telefilm della serie «Spazio 1999», quella data sembrava lontanissima. Roba da fantascienza. Poi al 1999 ci siamo arrivati e labbiamo anche superato. Col risultato che la mitica «Base Alpha» oggi ci appare come un modellino vintage, «tecnologico» quanto il primo walkman Sony.
La stessa cosa si verificherà presto con lepopea dei «nuovi centenari». Intanto il secolo di vita è considerato un traguardo per pochi fortunati, una vegliarda eccezione che ancora finisce sui giornali o in tv. Avete presente? «Tanti auguri allarzillo nonnino (ma più spesso nonnina) che spegne le cento candeline». Piccoli scoop «di tarda età» che però potrebbero non fare più notizia, almeno secondo i risultati di una ricerca (anticipata dalla rivista Lancet) condotta dal Danish Ageing Research Centre delluniversità della Danimarca. Il responsabile dello studio, il professor Kaare Christensen, si mostra sicuro: «È in arrivo una generazione di centenari. E il traguardo sarà raggiunto, senza problemi di salute, da un neonato su due...».
Ma attenzione, a questa longeva «Generazione Matusalemme» non apparterranno tutti i bambini, ma «solo quelli nati nei Paesi ricchi»: un distinguo non da poco che rimanda a controversi scenari di geo-politica in rapporto alla gestione nel mondo delle risorse economiche, energetiche e alimentari. Ma qui il discorso ci porterebbe troppo lontano. Meglio invece limitarsi alla domanda: «Perché si invecchia?», che poi ne sottende unaltra: «È giusto invecchiare?». Scienza contro filosofia. Ma esiste una terza strada - la filosofia della scienza - che tenta di leggere in chiave etico-morale i risultati di laboratorio. Il professor Christensen ci ha provato, ma le risposte sono tuttaltro che semplici: «Se la tendenza relativa allaspettativa di vita nei Paesi ricchi sarà confermata, non soltanto un bambino nato oggi potrà vivere fino a 100 anni ma ha buone speranze di invecchiare in buona salute». Ma come la mettiamo con i bambini che vivono nei Paesi poveri? Su questo fronte, dai cervelloni danesi, solo un imbarazzato silenzio.
Fatto sta che già oggi, nelle aree socialmente sviluppate del pianeta, «si vive più a lungo che in passato e si trascorrono questi anni extra con minore disabilità e meno limitazioni nelle normali attività quotidiana». Non solo. «Settimane lavorative più brevi allinterno di carriere per forza più lunghe e pensioni rinviate potrebbero in prospettiva allungare aspettativa di vita e anni in salute».
Nei laboratori del Danish Ageing Research Centre è stata passata in rassegna unincredibile mole di dati. Nel XX secolo laspettativa di vita si è allungata di ben 30 anni nella maggior parte dei Paesi sviluppati; di questo passo, se tali trend positivi proseguiranno, la vita media continuerà ad allungarsi progressivamente «senza limiti».
«Senza limiti»? Sì, gli studiosi danesi scrivono proprio così. Già oggi la mortalità fra gli ultraottantenni è in continuo calo nei Paesi sviluppati, caratterizzati da un tasso di decessi fra bambini e giovani adulti piuttosto basso. Intervenendo a tutela della fascia detà più «fragile», cioè gli anziani con più di 80 anni - suggeriscono gli autori dellanalisi - il genere umano potrebbe virtualmente diventare «highlander».
Per alleviare il carico economico che affronta una società sempre più grigia, gli esperti danesi propongono una revisione dellorganizzazione del lavoro, visto che, per forza di cose, le persone dovranno rimandare la pensione.
A quel punto, forse, non sarebbe male morire un po più «giovani». Toccando ferro, sintende.
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