«I nostri figli hanno già 12 anni e non piacciono più ai clienti»

Sette fratelli costretti a prostituirsi in giro per l’Italia

Su quelle del luna park non erano mai saliti, ma sulla giostra dei comprati e dei venduti erano stati messi dai loro stessi genitori. Costretti a vendersi per anni in cambio di pochi euro, nei casi più fortunati un panino. Vuotarono il sacco in sette. Bambini. Tutti rom, segni particolari: nessuno aveva più di 12 anni. Più grandi no, non piacevano ai clienti.
Siamo a Roma, campo nomadi di Tor Fiscale, lungo la via Appia. La «base» di una rete di pedofili che si scambiava minorenni come oggetti da usare e gettare via, duecento gli «articoli» provati. Cioè i piccoli violentati. Al telefono, però, per cercare di ingannare gli investigatori sulle loro tracce, gli aguzzini parlavano di «fiori» o «brillanti». Seguivano commenti sulle «caratteristiche» e le «fattezze» della merce. Il vaso è stato scoperchiato dalla squadra mobile e dai carabinieri della capitale non più tardi di due anni fa. A parlare per primo fu l’anello debole. Cinque anni appena, e già martoriato dagli orchi. L’operatore dei Servizi sociali non voleva crederci. «Mamma e papà ci fanno chiedere l’elemosina ai semafori, per terra». Dove? «Triburtina, Momentana e Montesacro. In piazza della Repubblica e villa Giulia. Se non portiamo abbastanza soldi ci picchiano». Altre volte vengono a trovarci nelle baracche dei signori, a fare certe cose... oppure andiamo noi da loro». Scattarono immediatamente le manette per la coppia di romeni che era capace anche di organizzare «trasferte» in Toscana o in Piemonte, portavano i sette figli a squallidi festini. Qualcuno tra gli invitatati si sdebitava offrendo dosi di cocaina. Un altro se l’era cavata con un televisore e un generatore di corrente. Un napoletano, invece, era riuscito ad «affittare» uno dei ragazzi per un mese intero. Le forze dell’ordine accertarono anche in cosa consistevano le punizioni per chi provava a dire di no. Rinchiusi in una grotta, l’ingresso sbarrato da un cancello di ferro con lucchetto. A digiuno. Poi, gli adulti del campo entravano nel cuore della notte e iniziavano le botte con tubi di gomma e bastoni.

Nei casi particolarmente gravi, sevizie per mezzo di cavi elettrici.
Oggi l’incubo è finito ma le ferite bruciano ancora. I sette fratellini sono stati affidati a una comunità protetta. Stanno provando a capire come si vive una vita al riparo dai mostri.

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