«I nostri marinai stanno bene». Ma è giallo su dove siano

È stata un’altra lunga giornata trascorsa in attesa di notizie dell’Asso Ventidue, il rimorchiatore di altura sequestrato da uomini armati nella mattinata di ieri l’altro nel porto di Tripoli. Dove e perchè sia stata portata l’imbarcazione di un armatore napoletano con otto italiani a bordo resta ancora un mistero. Nella sede dell’Augusta Offshore, la compagnia armatrice, si è lavorato tutto il giorno. A sera l’amministratore delegato Nicola Mattioli, sollecitato dai giornalisti, ha detto che non sono state avanzate richieste di riscatto. E dalle ultime notizie rese note il rimorchiatore sarebbe ancora nelle acque libiche, così come accertato dal sistema di rilevamento satellitare, ma non si conoscerebbe la rotta.
Insomma, ore di trepidazione per i familiari degli uomini dell’equipaggio: cinque siciliani, un laziale e tre stranieri. Ma Mattioli, nel corso di una conferenza stampa tenuta in serata, ha detto di essere sicuro che il comandante è «in grado di poter diffondere la necessaria tranquillità che deve esserci a bordo, perchè in questi casi la cosa più importante è non perdere la calma». Tra i vertici della società armatrice e i familiari dell’equipaggio i contatti sono costanti. «La società sta cercando di sbloccare la situazione e ci tengono costantemente informati», conferma Antonio Colantonio, fratello di Luigi, di Torre del Greco, Napoli, uno dei marittimi imbarcati sul rimorchiatore. «Sono un marittimo anche io - aggiunge Colantonio - e ci hanno detto di stare tranquilli. Ci hanno detto che stanno tutti bene. L’ultima volta ho sentito mio fratello, che si è imbarcato due mesi fa, venerdì verso mezzogiorno».
Non nasconde la preoccupazione, invece, Salvo Arena, il padre di Antonino, 34 anni, un altro dei marittimi a bordo del rimorchiatore. Arena, di Pozzallo, in provincia di Ragusa, sposato e padre di un bambino di 4 anni, si era imbarcato il 27 gennaio da Augusta e doveva chiudere il suo periodo di lavoro in questi giorni. «Ha sentito Antonino - dice il padre - poco prima della mezzanotte dell’altro ieri: ha preferito parlare con me per non trasmettere ansia alla moglie Sofia. Mi ha detto che la situazione era sotto controllo e che stava bene. L’ho sentito sereno, forse non mi ha voluto trasmettere la sua preoccupazione».
L’unità era da diversi anni dislocata lungo la costa africana. La stessa società armatrice è impegnata in altre località africane e in America Latina con imbarcazioni che sono al servizio delle piattaforme petrolifere. Da qualche tempo, l’Asso Ventidue era stata presa a noleggio da un imprenditore locale.

«Non vorrei rispondere, non perchè non mi sia fatto un’idea ma perchè sono cose che è meglio non dire, in questo momento», ha detto infine Mario Mattioli, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano quale fosse la sua opinione sui motivi del sequestro. Dove sia diretta però l’imbarcazione ancora non si sa.

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