Roma - È un manuale completo che intende fornire indicazioni per chi sulla strada vive, lavora, viaggia. Parla dei «peccati» di chi guida e offre consigli di buon senso, illuminando alla luce della fede cristiana il codice della strada. L’ha preparato il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, è «frutto di una grande opera di ascolto e ponderazione» ed è stato presentato ieri mattina dal cardinale Renato Martino e dall’arcivescovo Agostino Marchetto. Il manuale si divide in quattro parti: la prima dedicata agli utenti di strade e ferrovie; la seconda e la terza, rispettivamente, alle donne e ai ragazzi di strada, la quarta, infine, ai barboni.
Per quanto riguarda le virtù del buon guidatore, il documento stigmatizza i comportamenti poco equilibrati come «mancanza di cortesia, gestacci, imprecazioni, bestemmie, perdita del senso di responsabilità, violazioni deliberate del codice della strada». «Vi sono altresì i casi di guida senza abilità fisica o capacità mentale – si legge ancora – per l’abuso di alcol e di altri stimolanti o droghe, per stati di spossatezza o sonnolenza»; e c’è il «pericolo derivante dalle minimacchine (citycar) affidate a giovanissimi e adulti privi di patente, e quello dell’uso spericolato di ciclomotori e moto».
Viene quindi stilato da parte della Santa sede un vero e proprio decalogo, invitando alla dimensione della carità che «si manifesta nella tenuta della propria autovettura, di cui occorre curare lo stato tecnico dal punto di vista della sicurezza, per non mettere consapevolmente a rischio la propria e l’altrui vita», evitando di «pretendere da essa ciò che non può dare». Si raccomanda di non «mettere a rischio la vita con manovre sbagliate e imprudenti che possono arrecare danno tanto ai passeggeri quanto ai pedoni»: «Anche un sorpasso spericolato può essere un’occasione di peccato» ha detto il cardinale Martino, che rispondendo a una domanda è poi sembrato estendere il campo alludendo alla possibilità dell’auto usata come «luogo» di peccato. Nel testo si afferma poi che «il buon guidatore lascia passare cortesemente il pedone, non si sente offeso se un altro lo supera, non ostacola colui che vuole correre più velocemente, non si vendica». Viene esaltata la virtù della prudenza, criticando «chi si distrae, alla guida, con il telefonino» e c’è poi l’invito a non correre troppo, calcolando «un ampio margine di tempo» per frenare», senza «sopravvalutare la propria abilità e prontezza» ma controllando «la propria attenzione e conversazione». L’automobilista «è obbligato a cercare di trovarsi in condizioni fisiche e psicologiche adeguate. Se è in stato di ebbrezza, non dovrà mai sedersi al volante e non deve essere autorizzato a farlo». L’automobile «anziché servire in modo prudente ed etico per la convivenza, la solidarietà e il servizio degli altri» si è spesso trasformata in strumento di «abuso», di «dominio» sugli altri, di sfoggio di potere e denaro.
Viene anche consigliato di pregare all’inizio del viaggio, facendo un segno di croce e affidandosi alla Madonna e ai santi protettori (Cristoforo e Raffaele). Protezione quanto mai necessaria, visto che solo nell’anno 2000 un milione e 260mila persone sono morte in incidenti stradali nel mondo, il 90 per cento dei quali dovuti a «errore umano».
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