I pedofili erano tutti padri-modello In manette decine di insospettabili

Coinvolti farmacisti, insegnanti, impiegati e militari. C’è anche un parroco. Su 32 arrestati soltanto due hanno precedenti

Alessia Marani

da Roma

Una vita da insospettabili. La mattina sui treni dei pendolari diretti nella Capitale per lavoro, la sera a casa, in famiglia, con moglie e figli. Ma di quel loro atroce «vizio», di quella loro «fame» insaziabile di corpi-bambini, nessuno sapeva. Dietro l’ordinario si nascondeva l’orrore. Ieri, per trentadue uomini (solo due con precedenti specifici), tutti d’età compresa tra i 35 e i 60 anni, tra cui medici, avvocati, farmacisti, insegnanti e persino militari, sono scattati gli arresti: 24 ai domiciliari, gli altri di custodia cautelare in carcere. Sono tutti accusati di violenza sessuale su minori. Fra gli arrestati c’è anche un frate, padre George Denis Onyebuchi Asomugha, parroco a Galcetello, nel comune di Prato, a cui è stata notificata una misura cautelare agli arresti domiciliari.
Quando gli agenti della squadra Mobile di Roma hanno bussato alle porte delle loro case (nel Lazio, in Toscana e in un caso in Sicilia), gli uomini finiti poi in manette sono caduti dalle nuvole. «Non credevano di essere scoperti», spiega il dirigente, Dania Manti, che con i suoi ispettori dal 2004 seguiva le trame dei pedofili che adescavano le giovani vittime (tra gli 8 e i 14 anni) soprattutto nei campi nomadi delle periferie. Cinquanta con l’operazione di ieri (ribattezzata «Fiori nel fango 2») gli uomini finora smascherati. «Si tratta - afferma il funzionario - di un passo in più rispetto agli arresti di pedofili on-line. Stavolta, siamo andati a colpire proprio chi alimenta questo orrendo mercimonio che si consuma, purtroppo, ogni giorno sulle strade di tutt’Italia». Già, perché gli insospettabili professionisti, messe da parte arringhe, lezioni e medicine, si ritrovavano sui marciapiedi di Valle Giulia o piazza della Repubblica, a Roma, per agganciare il ragazzino di turno. «Ragazzini rom di 12 e 13 anni - aggiunge Alberto Intini, capo della mobile romana - ormai abituati alla “vita”. Per 15, al massimo 30 euro, si concedevano in auto, nei parchi pubblici, in alcuni casi venivano anche portati in casa». Qualcuno accettava il sesso addirittura in cambio di un panino da McDonald's e qualche spicciolo. «Fiori nel fango» prende le mosse nella primavera di due anni fa dopo che i servizi sociali del Campidoglio segnalarono alla polizia lo strano via vai dal campo rom di Tor Fiscale, sull’Appia, di un pensionato di 67 anni, Matteo Napoli (già condannato a 6 anni e 8 mesi), che si recava spesso a prelevare un bambino di 12 anni. Gli agenti lo seguono, indagano. Scoprono pian piano uno scenario agghiacciante. In manette finisce anche l’allenatore di una squadra di calcio giovanile dell’Eur, quartiere bene della Città Eterna, accusato addirittura di avere «comprato» e schiavizzato in casa un adolescente rom. Lo scorso mese un altro sospetto pedofilo, l’avvocato Roberto Gallo, titolare di un’agenzia per provini nel mondo dello spettacolo e di tour operator, finisce nella rete degli inquirenti, avrebbe violentato tre minori. Ieri, uno degli 8 arrestati ha confessato in lacrime agli investigatori: «Quando ero bambino, nel ’67, sono stato violentato, da allora ho vissuto con quell’incubo. Non sono più riuscito a tornare indietro».

Un grido d’allarme sulle condizioni di sfruttamento dei bimbi rom nella Capitale lo lancia «Save the children»: «I reati commessi da questi minori sono in costante aumento. Le organizzazioni criminali dirottano quelli tra loro meno abili a rubare a elemosinare o, peggio, a prostituirsi».

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