I piani Usa: una pioggia di missili per neutralizzare i siti iraniani

Previsto l’utilizzo di esplosivi convenzionali su vettori lanciati in buona parte da sottomarini. Possibile anche l’uso di mini-testate nucleari

Andrea Nativi

Missili, tanti missili, con testata convenzionale, in buona misura lanciati da sottomarini, ma, eventualmente, anche con speciali testate nucleari a basso potenziale, sia in ruolo antibunker, sia per operazioni di «decapitazione» della leadership. È questa la minaccia più concreta che incombe, nel medio termine, sull'Iran e sui suoi programmi militari nucleari, così come sugli altri «Paesi canaglia».
Se si decidesse, a breve termine, di ricorrere alla soluzione militare contro l'Iran, gli Usa avrebbero l'enorme vantaggio di poter contare su consistenti forze aeree e navali, nonché su forze speciali presenti nel teatro operativo: nei paesi del Golfo, ma anche in Irak e in Afghanistan. In teoria sarebbe possibile organizzare e lanciare un attacco preventivo massiccio, prolungato fino a diventare una minicampagna di 24-48 ore praticamente senza che l'avversario abbia modo di prevedere cosa sta per accadere.
Ma se, come prevedibile, il braccio di ferro diplomatico con l'Iran si protraesse a lungo, anche per un paio d'anni, la situazione diventerebbe meno favorevole, buona parte delle forze oggi schierate nella regione sarebbe ormai rientrata in patria e risulterebbe sempre più difficile utilizzare aeroporti e installazioni di paesi amici come trampolino di lancio per l'attacco.
Il Pentagono sta però lavorando ad alternative che prevedono, tra l'altro, un nuovo ruolo per i sottomarini lanciamissili a propulsione nucleare. Innanzitutto quattro battelli strategici classe Ohio sono in corso di conversione da Ssbn in Ssgn: stanno cioè diventando piattaforme di lancio per missili convenzionali, rinunciando alle armi nucleari. Ciascuno di essi può portare fino a 154 missili da crociera Tomahawk con testata convenzionale. Una potenza di fuoco devastante che può essere scatenata con la massima discrezione, a distanza di sicurezza e senza dover chiedere il permesso a nessun alleato. In secondo luogo il recente libro bianco della difesa statunitense ha dato il via libera ad un programma da 500 milioni di dollari della Marina volto a trasformare, per ora, due dozzine di missili balistici con testata nucleare Trident D5 in missili convenzionali. In pratica due dei 24 pozzi di lancio presenti su ciascun sottomarino strategico saranno riservati a queste nuove armi. Armi che dovranno essere operative entro 2 anni. Ciascun missile, pesante quasi 60 tonnellate, potrà portare ad una distanza di oltre 10.000 km un minimo di quattro testate perforanti ad alto esplosivo, equipaggiate con sistemi di guida super-precisi. Ogni testata potrà essere diretta su un diverso bersaglio. Anche in questo caso l'attacco può avvenire senza preavviso, dal mare aperto, con il più il vantaggio di un tempo di volo minimo (20 minuti al massimo dal lancio all'impatto) e della impossibilità per l'avversario di difendersi. A queste armi si aggiungerebbero i missili aria-superficie lanciati da centinaia di chilometri di distanza dai bombardieri B2 e B52 e i missili da crociera lanciati da navi di superficie. Ma il Pentagono sta anche lavorando a missili balistici convenzionali lanciati direttamente dagli Stati Uniti ad una velocità di oltre 20.000 km/h e dotati di penetratori cinetici antibunker. Una pioggia di missili potrebbe neutralizzare buona parte dei siti nucleari iraniani.


Nel contempo sono stati approntati anche missili a testata nucleare superprecisi, con cariche a bassa potenza, per attaccare bersagli «induriti» o centri di comando usati dalla leadership politica che neanche le nuove armi antibunker più sofisticate possono distruggere.

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