I Pm politicizzati? Da Ingroia a Papa sono tutti uguali

Tre casi analoghi dimostrano che in Italia ci sono magistrati di parte. Papa, deputato Pdl, è coinvolto nel caso P4. Narducci ha indagato il centrodestra a Napoli e fa l’assessore per De Magistris. E Ingroia fa comizi con Santoro

I Pm politicizzati? 
Da Ingroia a Papa 
sono tutti uguali

Negli ultimi giorni ci sono tre magistrati che sono al cen­tro di casi molto ambigui. Il primo è l'ex pm in aspettati­va Alfonso Papa, ora deputato Pdl coinvolto nell'inchiesta cosiddet­ta P4. Il secondo è Giuseppe Nar­ducci, ex pm di Napoli che dopo aver indagato e inquisito i vertici del Pdl napoletano ha mollato la to­ga ed è saltato come assessore sul carro politico di quel De Magistris che le elezioni le ha vinte proprio contro il Pdl. Il terzo è Pietro In­groia, attuale leader dei Pm paler­mitani impegnato in indagini an­che sui rapporti tra mafia e politi­ca, che l'altra sera ha tenuto un co­miz­io in diretta tv sul palco antiber­lusconiano allestito da Santoro e compagni in occasione dei 110 an­ni del sindacato comunista della Fiom.

Casi diversi, è vero, ma che hanno un filo in comune. E cioè di­mostrano nei fatti co­me una parte della ma­gistratura sia politiciz­zata, non più arbitro ma giocatore a tempo pieno. Il Csm, organo di autogoverno delle toghe, e la stampa tut­ta si stanno occupan­do solo del primo ca­so, quello di Papa, per­ché è l'unico ad avere presunte e possibili implicazioni giudiziarie ma soprattutto perché parliamo di un giro di centrode­stra. Io credo però che il Csm do­vrebbe occuparsi con identico vi­gore anche degli altri due casi che mettono a rischio l'indipendenza, l'autonomia e il prestigio della ma­gistratura non meno del primo.

È possibile, in un Paese normale, che un Pm indaghi i politici di una città e dopo averli di fatto gambiz­zati si sostituisca a loro? È possibile che il Pm di punta dell'antimafia partecipi da protagonista a una fe­sta di partito fortemente caratteriz­zata contro il governo senza pren­dere neppure una piccola distanza dalle parole pronunciate da chi l'ha preceduto? No, non dovrebbe essere possibile. Un Csm serio im­pedirebbe a Narducci di rientrare in magistratura, le sue inchieste an­drebbero an­nullate perché eviden­temente inquinate da un pregiudi­zio politico che si è svelato solo a cose fatte. Così come Ingroia an­drebbe sospeso perché ha perso i requisiti di equilibrio e serenità indi­spensabili per maneggiare le vite degli altri. Altro che suoi maestri: Borsellino e Falcone ieri sera si sono ri­voltati nella tomba a sentire il loro nome speso invano, a vedere come un procurato­re della repubblica di Paler­mo può trasformarsi in un pupazzo nelle mani di Santo­ro come un Ciancimino o una D'Addario qualsiasi.

Già, perché quella andata in onda venerdì sera da Bolo­gna a reti minori unificate, non è stata la festa della Fiom ma una puntata specia­le di Annozero di quell'ego­centrico ormai un po' trom­bonesco di Santoro. Davan­ti al popolo del sindacato rosso, minoritario tra gli ope­rai italiani, sconfitto pesan­temente in tutti i referen­dum della Fiat (e correspon­sabile della crisi della nostra industria), la solita compa­gnia di miliardari più o me­no sfaccendati ha preso per i fondelli per tre ore dei pove­ri cristi che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Beni­gni ( 400mila euro ad appari­zione in Rai), Santoro (700mila euro a stagione) e una Dandini (700mila euro a stagione) con il seno striz­zato in una inedita e ridicola maglietta con la scritta Rai Pride hanno spiegato a pre­cari che si alzano alle sei del mattino e stanno in fabbrica fino a sera quanto è bello e dignitoso il lavoro. E ovvia­mente, quanto è cattivo Ber­lusconi, quanto sono stupi­di e servi i giornalisti di cen­trodestra, quanto bravi so­no i magistrati.

E poi non poteva mancare il Travaglio nazionale, quel­lo che tenendo le gambe ac­cavallate come una signori­na buonasera racconta cose terribili. Nelle ultime ore il nostro ha fatto due scoop de­gni di un vero erede di Mon­tanelli. Nel primo ha scoper­to, ovviamente leggendo car­te secretate dei suoi amici Pm, che il cronista di punta del Giornale , Gian Marco Chiocci, ha telefonato al suo direttore (il sottoscritto) per aggiornarlo sugli sviluppi dell'inchiesta napoletana P4, comprese le voci su im­minenti arresti. E che la tele­fonata è partita da un call center. Confermo. E aggiun­go. Tutti i giorni, come suc­cede in ogni giornale, i croni­sti chiamano i loro direttori. I miei a volte lo fanno da tele­foni di amici o parenti per­ché sanno di essere spiati, a differenza di giornalisti di al­tri quotidiani, da Pm mascal­zoni.

Non abbiamo nulla da nascondere, proviamo solo a fare le nostre considerazio­ni senza condividerle forza­tamente con altri come do­vrebbe essere garantito dal­la Costituzione. Il secondo scoop riguarda la fonte della notizia sulle interferenze che Ilda Boccassini fece sul­la questura di Ischia dopo che suo figlio fu arrestato. Se­condo la signorina buonase­ra Travaglio ci fu spifferata dopo un incontro tra la depu­tata Biancofiore e Berlusco­ni. Questa volta gli spioni hanno toppato. Vittorio Sgarbi ieri mi ha autorizzato a svelare che la fonte fu lui, nel senso che in una delle sue tante impertinenti tele­fonate notturne mi ricordò quell'episodio noto solo a pochi perché all'epoca pub­blicato (chissà perché) solo dai giornali locali.
Travaglio si metta il cuore in pace. Noi pubblichiamo notizie, non giochi di parole come lui.

E siamo orgogliosi del lavoro di Gian Marco Chiocci e di tutti i cronisti, da qualsiasi telefono chiami­no, qualsiasi cosa dicano, sa­pendo o non sapendo di es­sere ascoltati da spioni.

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