Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Inchiesta top secret su politica e affari, atto secondo. Occhio a questi nomi su cui sta lavorando alacremente la procura della Capitale - che si incrocia con quella umbro-toscana sugli appalti del G8 - nella famosa/fumosa inchiesta che sta facendo tremare i palazzi della politica romana, di cui il Giornale ha rivelato l’esistenza finendo con l’essere perquisito dai carabinieri del Ros: oltre al senatore Marcello Dell’Utri, al coordinatore del Pdl Denis Verdini, a magistrati noti e amministratori pubblici, e soprattutto al faccendiere Flavio Carboni - tutti inseriti in un comitato d’affari tutto da dimostrare - nelle nuove intercettazioni spuntano riferimenti diretti e indiretti che portano a Claudio Scajola, al suo «fedelissimo» deputato Ignazio Abrignani, al presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, il sottosegretario alla giustizia, Giacomo Caliendo e a tantissimi altri esponenti di centrodestra e d’opposizione, nonché funzionari e dirigenti del ministero di via Arenula.
Roma e Firenze (dove ieri i pm hanno chiesto il giudizio immediato per i quattro arrestati nell’ambito dell’inchiesta sull’appalto della scuola marescialli dei carabinieri, Balducci, De Santis, Cerruti e Piscicelli), percorrendo strade diverse si sono ritrovate a indagare sugli stessi obiettivi, anche se nel filone romano l’interesse di una decina di parlamentari e di faccendieri di varia natura - secondo la procura - verterebbe prevalentemente sul business dell’eolico, l’energia pulita creata coi fondi pubblici.
In questa direzione, solo perché terminale di alcune intercettazioni indirette, gli inquirenti stanno tentando di dimostrare addirittura che il dominus dell’organizzazione criminale non è Carboni (che si darebbe un gran da fare per trovare sponsor politici funzionali ai suoi interessi e a quelli degli imprenditori che rappresenta) bensì Verdini, attraverso la sua banca - già sott’inchiesta nell’inchiesta sul G8 - che qualche giorno fa sarebbe stata addirittura visitata dai carabinieri in quanto ritenuta dai pm romani lo «snodo» per riciclare soldi e smistare tangenti.
Non contenti del risultato ottenuto sequestrando computer dell’amministrazione, gli investigatori, fidandosi dei riferimenti captati in altre intercettazioni, sono finiti a curiosare anche negli uffici dell’amministrazione del Giornale della Toscana, che esce in allegato con il nostro quotidiano pur essendo edito da una società esterna, nella quale Verdini detiene una minima quota. Pure qui, però, i riscontri hanno dato esito negativo. Intercettando e pedinando Carboni, e soprattutto Pasquale Lombardi (già a capo di un’associazione di magistrati) per gli affari in Sardegna e le autorizzazioni rilasciate dal ministero per lo Sviluppo economico, la procura di Roma è poi finita dentro quelle segrete stanze del potere già battute dalla procura di Firenze sulle tracce degli interessi del gruppo Anemone nella costruzione delle carceri di Sassari e Tempio Pausania.
Un pasticciaccio se si pensa che fra le intercettazioni ritenute utili ve ne sarebbero alcune che farebbero riferimento a un banale mutuo su una casa di un parlamentare del Pdl chiesto alla banca di Verdini per intercessione di Dell’Utri.
Anche qui, a proposito di case, fioccano le ipotesi più spettacolari, dietrologie senza freno. La caccia ai fantasmi è aperta. E anche se alla fine poco o nulla sarà penalmente rilevante, lo «sputtanamento» a mezzo stampa comunque sarà assicurato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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