I (pochi) pasdaran di Gianfranco pronti alla battaglia ma nel Pdl

Se nel Pdl un terremoto ci sarà, non avrà l’epicentro a Milano. «Questo è il territorio di Ignazio La Russa», assicura un colonnello di lungo corso. Lasciando intendere che da queste parti l’impatto della frattura sarà ben poco. Anche perché l’altra anima di An è quella dei fedelissimi di Gianni Alemanno. Gli onorevoli Paola Frassinetti e Carlo Fidanza o la consigliera Roberta Capotosti che non hanno nessuna intenzione di provocare una rottura all’interno di un partito che da queste parti ha appena stravinto le elezioni. Rintuzzando il temutissimo assalto della Lega. E già pronto per le prossime elezioni per il sindaco di Milano, in calendario per la primavera 2011. Difficili. E per vincerle, sono convinti in viale Monza, di tutto c’è bisogno, fuorché di separati in casa. «Ricordatevi - attacca un assessore ex an - di quando Fini in Lombardia commissariò il partito togliendolo a La Russa e affidandolo a Cristiana Muscardini. Fu un colonnello senza esercito. E al primo congresso tutto tornò come prima». Come a dire che la storia si potrebbe ripetere. Tale e quale. E Fini in Lombardia potrebbe pescare solo ufficiali senza truppa.
Forse nemmeno quelli, vista la reazione dei fedelissimi. «Condivido e ho sempre condiviso le posizioni culturali del presidente della Camera - speiga l’ex deputato e oggi assessore Giampaolo Landi di Chiavenna - Un processo indispensabile per la crescita della destra che Fini sta difendendo». Ipotesi di scissione? «Sta semplicemente tentando di rinvigorire il ruolo del Pdl al Nord e cercando di ammodernare la classe dirigente del partito». Lo strappo? «Fini non farà un salto nel buio. Escludo qualunque tentativo di dividere il Pdl o creare movimenti autonomi». Ne è convinta anche l’europarlamentare Cristiana Muscardini. «I gruppi autonomi? Si sta facendo un inutile polverone - assicura -. Nel Pdl serve solo un maggiore scambio di idee. Fini è uno dei fondatori e non vedo perché non abbia il diritto di fare questa richiesta. Ma vi sembra possibile che la bozza di riforma costituzionale sia stata vista da Berlusconi e Bossi, mentre Fini non ne sapesse nulla?». Lo scontro è ormai innegabile. «Macché scontro. Ma perché nessuno si è lamentato quando Berlusconi ha inviato una lettera a dirigenti e militanti chiedendo di iscriversi ai promotori della libertà della Brambilla?. Che male c’è se in un partito che punta al 40 per cento si creano delle correnti?». Le divisioni. «Nessuna divisione. Si rimane tutti dentro il Pdl. Ma più propositivi e collaborativi».
Nei Palazzi milanesi c’è attesa. Soprattutto in Provincia dove un consigliere è già al lavoro pere creare il primo «gruppo autonomo». Molto più prudenti in Regione dove si stanno decidendo la giunta, i presidenti delle commissioni e gli incarichi di prestigio. Ovvio che a prevalere sia la disciplina di partito. Così come in Comune. «Andare con Fini? E poi i voti dove li prendo?», commenta con realismo un prossimo candidato. Bordate a Fini e appoggio a Berlusconi arrivano anche dall’ultradestra.

«La destra del Nord - interviene il presidente del comitato Destra per Milano Roberto Jonghi Lavarini - sta con Berlusconi, detesta Fini ed è pronta a richiamare tutti gli eletti al loro dovere di fedeltà agli elettori».

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