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«I poveri attendono il nostro amore»

«Quaresima di penitenza? Meglio la carità»

«I poveri attendono il nostro amore, dalla Quaresima cristiana arrivi una risposta veramente degna. La Quaresima è il momento di riconciliazione degli uomini con Dio e non esiste riconciliazione senza amore per il prossimo».
È il senso profondo con il quale il cardinale Dionigi Tettamanzi ha aperto la sua omelia celebrando ieri i Vespri in Duomo, prima domenica di Quaresima del rito ambrosiano, durante i quali è stato compiuto il rito dell’imposizione delle ceneri ai fedeli.
«C’è un preciso e rigoroso esame di coscienza che, soprattutto in Quaresima, non può essere eluso - ha precisato l’Arcivescovo di Milano nel suo passaggio più pregnante-, ed è lo stesso che si avrà con il giudizio finale: l’esame sulla carità verso gli ultimi, verso i più poveri. Ci sono i poveri lontani da noi, ma anche quelli vicini - ha spiegato -. Tutti comunque sono in attesa del mio, del tuo, del nostro amore concreto e operoso. Di più, sono in attesa della nostra fraterna condivisione. Ci sia, dunque, una risposta veramente degna della Quaresima cristiana!».
Tettamanzi aveva iniziato il suo intervento sottolineando una nota di speranza: «Forse si fa spontaneo in alcuni di noi il ricordo della Quaresima di altri tempi: una Quaresima più dura e austera per il digiuno e la penitenza, più visibile ed eloquente nei segni liturgici e devozionali, più forte e incisiva nelle risonanze comunitarie e sulla stessa società. E in qualcuno può nascere una qualche nostalgia. Ma questa - aveva spiegato -, è del tutto inutile, anzi contrasta qualcosa di veramente grande e bello che la Chiesa nella sua liturgia ci riserva, caricandoci di fiducia e di gioia. Questo “qualcosa” è la grazia che Dio offre alla sua Chiesa oggi, per la Quaresima di quest’anno».
Il cardinale ha poi così continuato: «Tutti siamo posti di fronte all’unica “grande tentazione”, siamo chiamati a scegliere fra Dio e il proprio io, tra la volontà del Padre e la propria volontà, tra l’amore per Dio e l’amore per se stessi, tra l’adorazione dell’unico Signore e l’idolatria come adorazione del proprio piccolo io. Il “dilemma capitale”, che è conficcato nella nostra coscienza, è sempre tra il bene e il male, la verità e la falsità, “il si e il no” detto a Dio, il servizio e il dominio. Cristo non è solo il nostro modello - ha concluso - ma è anche e soprattutto il nostro Salvatore.

E ha un unico desiderio per ciascuno di noi: quello di renderci partecipi della sua stessa vittoria, di farci superare la “grande tentazione” e sciogliere il “dilemma capitale” a gloria di Dio e per la nostra salvezza».

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