I primi no al nuovo Patto europeo

La Commissione europea presenta il piano per rendere più stringente il Patto di stabilità, ma ottiene già il primo «no», quello della Svezia. Stoccolma non fa parte della moneta unica, ma le modifiche ai trattati interessano tutti i ventisette membri dell’Unione. Il premier Fredrik Reinfeldt giudica singolare la proposta della Commissione di controlli preventivi sui bilanci di Paesi, come la Svezia appunto, che rispettano i criteri del Patto di stabilità. «I Paesi che hanno i conti in ordine - spiega - non possono essere trattati come quelli inadempienti. Mi opporrò a questa logica», conclude.
Arriva, invece, e non poteva essere diversamente, il «sì» di Angela Merkel, che pure rileva come la sovranità di bilancio nazionale non debba essere intaccata. Il rafforzamento del patto è stato chiesto da Berlino come contropartita per il via libera al piano «salvaeuro» da 750 miliardi di euro (500 miliardi europei e 250 del Fmi, che ha versato la prima tranche ad Atene e si è detto pronto ad aumentare la sua quota se necessario). Paladina del rigore a oltranza, la Merkel è accusata in patria d’aver ceduto al tandem Sarkozy-Berlusconi. Una resa che potrebbe essere compensata dalla nomina del governatore tedesco, il «falco» Axel Weber, alla guida della Bce, a scapito della forte candidatura di Mario Draghi.
Il presidente permanente della Ue, Herman Van Rompuy, ha subito chiarito che «spetta ai leader della Ue concepire la governance economica, mentre alle istituzioni europee (come la Commissione) spetta il compito di applicarle». La Commissione punta a introdurre già dal primo semestre 2011 un maggior coordinamento europeo nella stesura dei bilanci pubblici, evitando così che «un Paese membro - spiega il commissario all’Economia, Olli Rehn, annunciando l’ingresso nell’euro dell’Estonia - metta a rischio la stabilità degli altri». Il progetto prevede sanzioni preventive ai Paesi che non rispettano i criteri europei di bilancio, ad esempio la sospensione preventiva (e non più a infrazione avvenuta) dal Fondo di coesione europeo. Insomma, niente soldi per chi sgarra. Inoltre, verrebbe imposto il versamento di depositi cauzionali «in caso di politiche di bilancio inadeguate», soprattutto in tempo di economia in crescita. La Commissione vorrebbe emettere early warning (avvertimenti preventivi) agli Stati senza passare per il vaglio dell’Ecofin, e indirizzare raccomandazioni sull’intera politica economica degli Stati membri.
Infine, quella che è stata definita la «bomba atomica». Il criterio del deficit sotto il 3% del Pil, indicato dal Trattato di Maastricht, non deve più valere per quei Paesi che hanno un debito pubblico superiore al 60% del Pil (in pratica, oggi quasi tutti); il disavanzo di bilancio, in questi casi, dovrebbe essere molto inferiore, e in qualche caso trasformarsi in attivo. Sarà interessante sentire i commenti, in proposito, di Regno Unito e Francia. La sensazione degli osservatori è che la Commissione abbia chiesto cento per ottenere venti, o trenta. Lunedì e martedì, i ministri finanziari riuniti dapprima in Eurogruppo (i Paesi a moneta unica) e poi in Ecofin cominceranno la discussione, che si preannuncia lunga e complessa. «Serve il coraggio delle scelte - esorta il presidente della Commissione Manuel Barroso -: se non si imbocca la strada dell’unione economica, si rinuncia alla moneta unica». «Dovevamo riformare il patto prima», ammette oggi, a buoi scappati, l’ex presidente della Commissione, Romano Prodi.
Tra l’altro, il piano della Commissione si scontra con la realtà dell’economia europea, che quest’anno e nel 2011 crescerà più lentamente rispetto al resto del mondo. L’Eurozona, nel primo trimestre di quest’anno, è cresciuta dello 0,2% sui tre mesi precedenti. L’Istat conferma che l’Italia è il Paese più dinamico fra i grandi, con una crescita del Pil dello 0,5%, migliore di quella di Francia e Germania. Grazie a questo dato, superiore alle attese (si prevedeva un +0,3%) la crescita 2010 già acquisita è dello 0,6%. E secondo la Confindustria «aumentano molto le possibilità che la crescita dell’anno sia sopra l’1%».

«La crescita c’è - osserva il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - e bisogna accompagnarla con più occupazione». Secondo il viceministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso, il dato è positivo, ma la crescita resta ancora troppo debole».

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