Cultura e Spettacoli

I quadri da mettere in casa? Li vedi (e li compri) in Fiera

Dopo l’apertura del Maxxi, i collezionisti invadono gallerie e fondazioni nell’ex mattatoio di Roma. E fanno shopping

da Roma

Nata per sfida e un po’ per ripicca, «Roma. The Road to Contemporary Art» sta diventando una delle fiere d’arte più interessanti d’Italia, non tanto per le proposte delle gallerie che finiscono inevitabilmente per ripetersi, visto che in Italia l’offerta di mostre-mercato è addirittura ipertrofica - segno di una crisi più apparente che reale -, quanto per il clima rilassato e gradevole che si respira fra gli stand.
Se i galleristi ti sorridono vuol dire che qualcosa hanno venduto, magari a cifre moderate (dai 5 ai 20mila euro), ma pur sempre utili a far cassa. «Roma» è nata da un’intuizione di Roberto Casiraghi, per un decennio patron di «Artissima» a Torino, convinto assertore della separazione tra moderno e contemporaneo. Cacciato in malo modo dal regno sabaudo, si è preso una bella rivincita riuscendo dove molti avevano fallito: una fiera d’arte nella città che in teoria ha meno bisogno dell’attualità, visto il suo strabiliante patrimonio artistico e architettonico. Le prime due edizioni puntavano proprio sulla contaminazione tra antico e moderno, disseminando le gallerie in palazzi storici e siti archeologici. Idea bellissima ma difficile da realizzare e gestire.
Nel 2010 la fiera si è spostata in uno dei luoghi simbolo della rinascita artistica capitolina, l’ex Mattatoio al Testaccio, sede comunale del Macro Future e della Pelanda, dedicate alle espressioni più contemporanee. Lo stato di salute dell’arte, infatti, non può misurarsi unicamente dalle mega esposizioni che promette il Maxxi, né da quelle sfiziose del Macro, futuribile scrigno di Odile Decq che, quanto a concezione architettonica, è ben più avanti rispetto alla collega Hadid. Esiste un’arte che si appende alle pareti di casa, godendo quotidianamente della sua compagnia anche se non si possiede un hangar o un palazzo intero.
I collezionisti italiani risultano fra i più attenti, spendono volentieri e frequentano assiduamente le fiere. Tra un paio di settimane li ritroveremo a Basilea, anche se per comprare in Svizzera ci vogliono portafogli capienti. Che cosa consigliare, dunque, a chi tra oggi e domani passerà per «Roma» con l’intenzione di farsi un bel regalo?
Se si ama l’arte che flirta con il glamour e il mondo dello spettacolo, imprescindibile è l’ultimo ciclo fotografico di David LaChapelle intitolato American Jesus e dedicato a Michael Jackson. Un’opera intensa, che deborda affetto per il povero Jacko, proposta dalla galleria londinese Robilant Voena a 80mila euro. A poco prezzo (sui mille euro) si possono portare via le polaroid di Araki o Franco Fontana esposte dalla milanese Ca’ di Fra, mentre ricercatissimo e piuttosto caro comincia a essere Luigi Ghirri, i cui paesaggi girano sui 10mila euro.
Essendo alla ricerca di curiosità più che di nomi consolidati, ci imbattiamo in un bel dipinto, un ritratto particolarmente fluido e romantico, di Francesca Leone dalla galleria Moncada, e scopriamo che la giovane e talentuosa pittrice è figlia dell’indimenticabile regista Sergio. Già solo per questo le vogliamo bene. Comincia a passare anche da noi, dopo tanti pregiudizi, il Pop Surrealism, di cui il romano Elio Varuna è esponente di spicco. Spazio ovviamente alle giovanissime gallerie di proposta come la DAC di Genova che insiste sulla fotografa Silvia Noferi, premiata in diversi concorsi, venduta a 1500 euro. «Buon clima, gente interessante, bellissime ragazze», commenta Chico Schoen che non ho mai visto così sorridente e tranquillo a una fiera.
Servono almeno tre giorni pieni per avere una panoramica esaustiva su quanto accade di contemporaneo a Roma. Oltre a super musei e fiera, spicca la rassegna «Accademie in festa» incentrata sugli istituti stranieri di cultura, tra cui quella americana con «Hungy for Death» dei Destroy All Monster, combo a cavallo tra arte e rock capitanato dal californiano Mike Kelley. Decisamente particolare il fenomeno delle fondazioni gestite da privati, fluide e leggere, molto diverse da quelle milanesi, intitolate alla moda, e dalle torinesi, ingessate e istituzionali. Nell’ormai storica «Volume!» presieduta da Franco Nucci, medico e mecenate, è presentata un’installazione di Gregor Schneider, mentre al Museo Billotti, nel cuore di Villa Borghese, c’è una mostra da autentici specialisti, una selezione di dipinti surreali del grande americano Philip Guston.
E di notte, ancora in Fiera, cominciano performance, dj set, sonorizzazioni fra arte e musica elettronica.

Indispensabile farci un passaggio per sprofondare nell’underground romano dopo il mainstream dei musei e delle megamostre.

Commenti