da Milano
Prima avevano parlato del pericolo di mine, adesso non vorrebbero abbandonare il rifugio dove si trovano «per paura delle possibili conseguenze di uno scontro a fuoco con l'esercito nigerino».
Continua ad essere problematica, nonostante loro ripetano di essere formalmente liberi, la situazione di Claudio Chiodi e Ivano de Capitani, i due turisti italiani presi in ostaggio dalle Forze armate rivoluzionarie del Sahara (Fars).
La stessa Farnesina si mostra prudente. E anche scettica rispetto ai messaggi che i due mandano attraverso un telefono satellitare: «Non abbiamo alcuna prova che i nostri connazionali siano effettivamente liberi, e al momento la vicenda è in una fase delicata», ammette un funzionario del ministero degli Esteri.
«La situazione non è chiara», ha detto Chiodi, raggiunto sul telefono satellitare dalla Reuters. «Se ci sono scontri con i rapitori non voglio rischiare la mia vita... Per me, se fuggo solo è molto pericoloso», ha aggiunto Chiodi, che da 25 anni fa viaggi nel Sahara. «Il problema - ha aggiunto - è che stiamo per finire le scorte dacqua. Ne avremo al massimo per 2 giorni».
Chiodi e de Capitani sono stati presi come ostaggi dai ribelli, mentre gli altri turisti rapiti due settimane fa, ai confini tra il Niger e il Ciad, sono stati rilasciati dopo alcune ore.
In un primo momento, l'esercito nigerino ha compiuto ricerche per individuare il nascondiglio dei banditi, ma successivamente si è tirato fuori, affermando che l'Italia e gli stessi rapiti avrebbero pregiudicato gli sforzi per il rilascio incoraggiando i rapitori nelle loro richieste.
Si è invece concluso con un dramma il ritorno a casa di Enrico Vettorato, 53 anni di Maserà (Padova), uno degli italiani rapiti in Niger e poi rilasciati: la madre 93enne, forse per l'emozione di rivederlo, è stata stroncata da un infarto. La donna, ha riabbracciato il figlio, ma, poi, probabilmente a causa di un cedimento del cuore, si è sentita male ed è morta.
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