I rapitori minacciano di uccidere gli italiani

Il presidente Saleh per la linea dura: no alle richieste dei criminali

I rapitori minacciano di uccidere gli italiani

Fausto Biloslavo

«Se ci attaccano uccidiamo gli ostaggi», è la minaccia dei rapitori dei cinque turisti italiani nello Yemen. Le forze di sicurezza assediano la zona montagnosa dove sono tenuti in ostaggio i connazionali e la massiccia presenza militare ostacola il negoziato. «Non intravedo grandi possibilità di arrivare ad un rilascio degli italiani nelle prossime ore. I militari hanno negato agli sceicchi che si sono offerti per la mediazione di passare», spiega al Giornale, Hassan Al Zaydi, un esponente della tribù che ha rapito i connazionali.
Piergiorgio Gamba, Maura Tonetto, Enzo Bottillo, Camilla Ramigni e Patrizia Rossi vivono ore difficili nella zona di Maghaza, 200 chilometri a est dalla capitale. «Sono tutti insieme, stanno bene. Sono in buona salute e vengono trattati con civiltà», dice l’ambasciatore italiano a Sanaa, Mario Boffo. Al Zaydi, giornalista nella capitale e con fonti molto vicine ai rapitori, conferma: «Li trattano nel modo migliore possibile. Però il problema è che un eventuale intervento dei militari potrebbe provocare uno scontro a fuoco e gli ostaggi rischiano di andarci di mezzo. Speriamo che non accada».
Gli italiani si troverebbero in un villaggio in cima a una montagna e i miliziani della tribù che li hanno rapiti presidiano il territorio. Le forze di sicurezza yemenita hanno cinto d’assedio la montagna bloccando le tre vie d’accesso verso il covo dei sequestratori. Nella serata di ieri sono arrivati in rinforzo anche due elicotteri d’attacco Apache. In passato, in altri rapimenti della stessa tribù, le autorità avevano addirittura bombardato i villaggi del clan causando vittime fra i civili. La linea dura, almeno di facciata, è stata annunciata ieri dal premier Abdel Kader Bajammal: «L'esercito e le forze di sicurezza stanno ora assediando i rapitori dei turisti italiani per costringerli a liberarli. Non negozieremo con i rapitori, non saremo indulgenti ed eserciteremo ogni tipo di pressione su di loro per un pacifico rilascio degli ostaggi». Il premier ha incontrato i giornalisti davanti al suo ufficio, mentre era in corso una manifestazione organizzata da un centinaio di intellettuali contro i sequestri dei turisti.
La linea dura è confermata dalla scelta del presidente yemenita, Alì Abdullah Saleh, di incaricare della gestione della crisi sul terreno il vice capo di stato maggiore Alì Mohammed Saleh. Esperto di trattative in altri casi di rapimenti e spietato con i terroristi, il generale è stato ferito durante recenti scontri con un capopopolo sciita che stava cercando di organizzare una ribellione armata. Ma la linea dura ha bloccato il tradizionale sistema di negoziazione che solitamente scatta con i clan yemeniti che nel corso degli anni hanno rapito centinaia di stranieri con l’obiettivo di ottenere soddisfazione per presunti torti subiti dal governo.
Lo sceicco Direhem al Dhamaa, esponente dell'amministrazione di Jahm, la zona tribale del clan dei rapitori, aveva annunciato ieri mattina che era stato raggiunto un accordo. Poi, però, i negoziati si sono apparentemente interrotti e gli sceicchi non hanno potuto raggiungere la zona del sequestro a causa dell’assedio. L’ottimismo iniziale è stato spazzato via da comunicati minacciosi. «Avvertiamo i governi italiano e yemenita che se verrà usata la forza, uccideremo gli ostaggi», ha avvertito Mohammed Mabkhout al Zaydi
I cinque turisti italiani facevano parte di una comitiva di 15 connazionali amanti dell’esotico, in viaggio nelle Yemen con “Avventure nel mondo”. Piergiorgio Gamba, 52 anni, chirurgo, con la moglie Maura Tonetto, 50enne, padovani in vacanza con l’amica insegnante Camilla Ramigni, 49 anni. Gli altri due italiani rapiti sono i lombardi Enzo Bottillo e la sua compagna Patrizia Rossi. Il rientro in Italia era previsto il 7 gennaio.
«Come tribù condanniamo i sequestri, ma bisogna capire perché sono stati presi in ostaggio gli italiani. A causa ­ spiega Hassan al Zaydi ­ di una faida fra famiglie, lo Stato ha preso in ostaggio, da un anno, otto persone del clan dei rapitori.

Non sono criminali, su di loro non pende alcuna accusa, ma la detenzione serve come mezzo di pressione per ottenere la consegna degli assassini di uno sceicco. In pratica i sequestratori chiedono uno scambio e potrebbero venir facilmente accontentati».

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