Fausto Biloslavo
«Ritirate i soldati italiani dallAfghanistan», è la nuova rischiesta lanciata dai sequestratori di Gabriele Torsello, il fotografo pugliese di 36 anni rapito una settimana fa in Afghanistan. La telefonata dei rapitori è giunta puntuale, ieri sera verso le 21 in Italia, come accade quasi ogni giorno, al numero di Rahmatullah Hanefi, responsabile della sicurezza dellospedale di Emergency nella provincia di Helmand, lultima persona ad aver incontrato il fotografo free lance prima del sequestro.
Lultimatum di 48 ore fa rimane valido e scade domenica, ultimo giorno di Ramadan. La richiesta iniziale era la consegna di Abdul Rahman, un afghano convertito al cristianesimo e rifugiato in Italia, in cambio del rilascio di Torsello. Una richiesta assurda, dato che Rahman è stato condannato alla pena capitale in Afghanistan per apostasia e rientrare in patria significherebbe per lui la morte. Ieri sera i rapitori hanno alzato ulteriormente il tiro: «Se non è possibile ottenere il rimpatrio dellapostata, allora pretendiamo il ritiro di tutti i soldati italiani dallAfghanistan». Unaltra richiesta impossibile, visto che il ministro della Difesa, Parisi, lha respinta dicendo: «Se ogni volta che ci rapiscono qualcuno dovessimo ritirare le nostre truppe, tanto varrebbe non andare in missione».
La telefonata di ieri è stata molto breve e questa volta a Gabriele non hanno permesso di venire allapparecchio per rassicurare sulle sue condizioni di salute, come aveva fatto nei giorni scorsi. Prima di chiudere la comunicazione i rapitori hanno promesso che si rifaranno sentire «in tempi brevi». La richieste dei sequestratori sono comunque irrealizzabili e stanno in piedi solo su un piano propagandistico.
Secondo lintelligence servirebbero ad alzare il prezzo per il rilascio del fotografo. Una fonte del Giornale a Kabul fa presente come i rapitori siano stati «delegittimati dai talebani. Inoltre erano mascherati quando hanno preso Gabriele, quindi preoccupati di farsi riconoscere». Se fossero stati veri studenti guerrieri avrebbero agito a viso scoperto. Non solo: si sono spostati dalla zona meridionale di Helmand, dove è stato rapito litaliano, perché non godono di protezioni locali. «Gli afghani anche se ti rubano un paio di scarpe devono ammantare il gesto con motivazioni nobili e religiose», spiega la fonte del Giornale. Lo stesso era accaduto con Timor Shah, il sequestratore di Clementina Cantoni, la prima rapita italiana in Afghanistan, che lavorava per unorganizzazione umanitaria internazionale. Shah, che oggi langue nel carcere di Kabul, aveva lanciato vari ultimatum chiedendo di tutto.
«Gabriele fatti coraggio, perché ti siamo vicini», è il messaggio lanciato dal padre, Marcello Torsello, a nome della famiglia. Ieri i parenti dellostaggio hanno rotto il silenzio stampa parlando con i giornalisti nella loro villa di Alessano, un paesino del Salento. «Sicuramente Gabriele tornerà a casa. Dal primo momento ho contato sulla capacità di mio figlio. Lo conosco bene, ha sempre operato al meglio in Afghanistan adoperandosi per le persone che ne hanno avuto bisogno» ha dichiarato la signora Vittoria, madre del fotografo free lance. Il cognato, Modesto Nicolì, portavoce della famiglia, ha ribadito la fiducia nelle qualità di Gabriele: «In questo contatto forzoso con i rapitori ha tutte le capacità per farsi capire al meglio, per cercare di favorire anche lui la trattativa in corso». Questa sera a Lecce si svolgerà una fiaccolata per chiedere la liberazione del fotografo pugliese.
Ieri è sceso in campo anche lord Nazir Ahmed, il primo parlamentare britannico musulmano, che conosce bene Torsello. Intervistato dai giornalisti del sito Peacereporter, ha condannato il sequestro: «Non posso che esprimere orrore e preoccupazione per questo rapimento, un atto ingiusto nei confronti di un fratello, dato che Kash è musulmano». Il fotografo pugliese frequentava la moschea londinese di Regents Park e il lord islamico aveva scritto la prefazione del libro fotografico di Torsello, The Heart of Kashmir. In Italia, Roberto Calderoli, il leghista vicepresidente del Senato, è uno dei pochi politici ad aver preso posizione sullultimatum: «Con i terroristi non si tratta. Mai.
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