Chi lo conosce sa bene che Giorgio Armani non è tipo che le manda a dire. E lo stilista non si è smentito nemmeno stavolta. Farà da sponsor alle iniziative di restyling dei monumenti di Milano, questo sì, ma non certo perché a chiederglielo è stato il patron di Tod's Diego Della Valle.
«Non ho bisogno che mi si dica cosa fare» punzecchia lo stilista, che ieri ha chiuso con la sua sfilata la settimana della moda. E ne approfitta per levarsi il sassolino dalla scarpa: «Faccio operazioni del genere da molti anni, ho anche pagato il restauro di villa Necchi Campiglio per 3 miliardi di vecchie lire. Ma lo faccio silenziosamente e con i soldi miei, non con quelli della società. Della Valle restaura il Colosseo e se ne parla molto, ma sono soldi dell'azienda, degli azionisti». Insomma, Re Giorgio non intende prendere lezioni da nessuno. Ciò che importa è che lo stilista, che più volte ha «fatto a botte» con Milano (definendola un suk, una città sporca e piena di graffiti), stavolta si impegni a migliorarla. Non si sa se cominciando realmente dal Castello, come da invito di Della Valle, o da altro. Disponibilità a sponsorizzare i cantieri nei luoghi storici anche da parte degli altri stilisti: Laura Biagiotti, Missoni e Ferragamo in testa. La speranza, quindi, è che per Expo si mettendo in moto un po' di soldi per sistemare i monumenti in sofferenza. Già in parecchi hanno fatto la loro parte. «Solo con una collaborazione tra pubblico e privato - sostiene Leonardo Ferragamo - si possono realizzare progetti significativi. «A Milano sono tante le cose da fare - aggiunge Laura Biagiotti - ma sono tante le ragioni culturali perché sia al centro dell'attenzione». «È giusto che ognuno faccia quel che può» si aggiunge al coro Angela Missoni.
Roberto Cavalli ha contribuito a sistemare i due caselli dell'Arco della Pace, a pochi metri dal suo locale. E Prada ha finanziato la cittadella dell'arte contemporanea di via Isarco aprendola ai milanesi. Al termine della settimana della moda, la città fa pace con i suoi stilisti e chiude una pagina amara che, se non altro, non ha avuto strascichi. A luglio infatti la bagarre tra Comune di Milano e Dolce & Gabbana rischiava di gettare tensione sulle sfilate ma tutto si è risolto nel silenzio. L'assessore al Commercio Franco D'Alfonso se ne era uscito dicendo che mai avrebbe concesso uno spazio pubblico ai due stilisti a causa dei loro guai con il fisco. Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che nemmeno si erano sognati di chiedere una passerella a Palazzo Marino, avevano chiuso le boutique per tre giorni. Ed avevano dichiarato guerra al Comune, accusandolo di essere poco lungimirante con una maison che ha sempre portato affari e turisti.
Ora le griffe decidono di aiutarla questa città criticata, bistrattata e dimenticata. Tutti fieri del made in Italy. Se non fosse per un dettaglio: la Camera nazionale della Moda ha scelto di farsi guidare da una manager inglese, Jane Reeve, scelta come nuovo amministratore delegato.
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