Carissimo Massimiliano, domenica scorsa si è consumata lennesima cocente sconfitta alle elezioni regionali: i genovesi hanno riaffermato la propria insana propensione al masochismo, che a questo punto dovrebbe essere certificato con il marchio DOC come il pesto e il vermentino.
Ma questa sconfitta ha per noi un sapore, per certi aspetti, molto più agre, perché mentre in quasi tutta Italia vengono conseguiti successi straordinari e in alcuni casi sorprendenti, a Genova (perché è qui che abbiamo perso la Regione), il Partito appare confuso, frastornato, privo di idee e di mordente, rassegnato ad un ruolo di comprimario che risulta incompatibile con la figura del leader nazionale.
A questo punto non è più procrastinabile lapertura di una seria riflessione autocritica, non per individuare i colpevoli perché colpevoli lo siamo un po tutti, ma per costruire una struttura politica e organizzativa capace di affrontare le sfide dei prossimi anni con la necessaria capacità di analisi e di intervento.
In realtà, Forza Italia prima Popolo della Libertà poi, partito vero non lo sono stati mai, assenti dal territorio, lontani dai problemi della gente, incapaci di sviluppare iniziative di grande respiro sui temi che giornalmente la disastrosa conduzione amministrativa del centro sinistra ci pone.
In tutti questi anni lattività del centro destra a Genova ricordava la storiella dei due ubriachi, che tornando a casa e accortisi di aver smarrito la chiave del portone, si mettono a cercarla alla luce di un lampione.
A un certo punto uno dei due, colto dal dubbio, dice: ma la chiave labbiamo persa molto più indietro, perché la stiamo cercando qui? Perché qui, risponde laltro, ci si vede meglio.
E questo ha fatto il centro destra a Genova: tanti bei rinfreschi, tante belle cene, qualche convegno per parlarsi tra amici, come al circolo dello scopone e dirsi reciprocamente quanto siamo bravi.
Ritrovarsi fra persone che la pensano come noi è più gratificante, ci si trova più luce appunto, ma lattività politica è unaltra cosa: è scendere nelle strade a parlare con la gente, è promuovere battaglie di grande respiro sui temi di attualità, è gridare forte in tutte le sedi quali sono le nostre proposte, è cercare di capire laria che tira in città.
Il tema della strutturazione del partito è stato sempre sottovalutato, si è sempre pensato che i voti sarebbero arrivati da soli perché siamo più belli e perché cè Berlusconi, non ci siamo accorti che dallaltra parte cera (e cè) una organizzazione capillare in grado di coinvolgere ogni giorno decine di migliaia di persone attraverso circoli ricreativi, bocciofile, sedi di partito e associazioni amiche, non abbiamo capito che i nostri avversari sono sempre in grado di far arrivare il proprio verbo alla città mentre noi continuiamo a non parlare nemmeno con il vicino di casa.
È il momento di aprire un grande dibattito sul futuro del partito a Genova e per una nuova politica dei quadri: o riusciamo ad agganciarci al treno della modernità che sta attraversando la Penisola o la nostra città sarà condannata al ruolo di Cenerentola del Nord Italia.
*Capogruppo PDL
Municipio IX Levante
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