L’«umanità» della macchina contro la «macchinosità» dell’uomo. Passando per il gioco. Col pensiero un po’ al robot biologico di Capek e un po’ a quello metallico di Lang e Asimov.
Ma oggi a tenere banco sono soprattutto i cyborg appassionati che - magari attraverso invenzioni ludiche - offrono input vincenti per creature artificiali da utilizzare in ambiti più seri. Percorsi complessi interrotti dal sogno dell’androide capace non solo di replicare azioni, ma anche di provare «sentimenti». Soluzioni tecnologiche che confinano con l’immaginazione più estrema e suggestioni fantasy che rincorrono la scienza (coniando addirittura il termine «roboetica», vale a dire un’etica che dovrebbe regolamentare i comportamenti dei robot).
Roba da cui non si fa abbindolare uno scienziato come Marvin Lee Minsky che l’anno scorso, ospite di «Bergamo Scienza», dichiarò al Giornale: «È impossibile insegnare a delle macchine quello che neanche l’uomo sa fare. È inutile provare a trasformare in umano qualcosa che non vive, perché gli mancherà sempre il senso comune».
Forse anche per questo dal Giappone, patria della «Generazione-Asimov», si moltiplicano le creature capaci di strappare sorrisi con performance divertenti. Nel catalogo dei replicanti ci sono «articoli» per ogni gusto: Robita, «il conversatore» che ama dialogare con gli umani; Sig2, «il giornalista» in grado di integrare notizie audio e video; Qrio, «il maggiordomo» che riconosce e risponde con garbo alle persone; Partner, «il trombettista» che suona in un gruppo jazz; Vera, «l’attrice» con la pelle sintetica che sa cambiare espressione; Robortgol, l’umanoide che segna come Vieri; Necot, il gatto di peluche che fa le fusa come un micio vero.
Il vasto campionario è in questi giorni esposto a Tokyo dove si sta svolgendo l’esposizione internazionale dei robot, una sorta di cyborg-olimpiade con circa mille robot in gara. Per alcuni di loro i produttori hanno ambizione che vanno al di là del puro divertimento: «Adattare alle necessità di una società sempre più anziana e con una popolazione in calo».
Ad esempio gli impiegati della Yamazaki, società che produce articoli a scopo educativo, sono occupati ad accudire quattro baby robot che piangono e fanno il ruttino: al costo di 6.200 dollari ciascuno aiutano a insegnare agli studenti e ai futuri genitori come accudire dei neonati.
«Le opportunità di vedere bambini nella società stanno diminuendo - dice l’ingegnere Kaoru Nukui, riferendosi al drastico calo nelle nascite, con molte famiglie giapponesi che hanno un solo figlio -. Il modo in cui gli studenti toccheranno un bambino sarà completamente diverso una volta che avranno guardato, toccato e fatto esperienza con questo “bambino”, dimostrando come gli uomini possano sentire com’è l’allattamento al seno, sistemando un sensore a forma di capezzolo sul petto.
Accanto c’è l’androide donna Simroid, su una sedia da dentista: valore 635mila dollari, è stato studiato per consentire agli studenti di odontoiatria di esercitarsi. «Fa male!», si lamenta Simroid, che si contorce e sbatte le palpebre quando uno studente usa troppa forza. Il petto dell’androide, tra l’altro, si alza e si abbassa simulando la respirazione.
«I robot precedenti apparivano ovviamente diversi dagli umani, così gli studenti potevano essere meno attenti. Ora, invece, sono tesi come quando curano un vero paziente», Racconta Satoshi Uzuka dell’Ospedale universitario odontoiatrico nipponico.
All’esposizione sono presenti anche produttori di robot stranieri, interessati a una fetta del mercato giapponese della robotica che vale 6,4 miliardi di dollari.
E sempre dal Giappone (dove si produce e commercializza la metà dei robot nel mondo, con un giro di affari di 6,4 miliardi di dollari) arriva anche un robot in grado di riconoscere tra la folla un individuo ricercato e farlo arrestare grazie a una segnalazione elettrica alla polizia.
Il suo nome è Alsok e può identificare qualunque persona la cui fisionomia sia stata precedentemente registrata nella sua memoria e secondo i suoi costruttori «potrebbe risultare particolarmente utile nella lotta al terrorismo». Già si ipotizza un suo uso negli aeroporti.Se durante il check-in sarete scrutati da un robot, non impressionatevi: è solo Alsok che veglia su di voi.
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