«I russi minimizzano, ma il rischio c’è»

Gli esperti sono divisi davanti a Chernobyl, secondo alcuni tecnici russi non ci sarebbero grossi pericoli di propagazione della radioattività legati agli incendi delle foreste contaminate dall’incidente della centrale nucleare di Chernobyl nel 1986. Le fiamme possono liberare nell’aria elementi radioattivi, contenuti nel suolo e nella vegetazione, e disperderli nell’ambiente ma il direttore del Centro russo per i problemi ecologici e della produttività delle foreste dell’Accademia delle scienze, Alexander Issaiev, ritiene che i fuochi in queste zone «non rappresentano una minaccia globale, anche se occorre proteggere bene quelle regioni, perché non vadano in fiamme».
«Secondo le nostre stime - ha detto il direttore del programma energetico di Greenpeace-Russie, Vladimir Shupurov, che ieri ha lanciato l’allarme -le dosi ridotte di radiazione non raggiungeranno Mosca o l’Europa orientale». Più preoccupato è invece Roberto Romizi, presidente dell’associazione dei medici per l’ambiente Isde-Italia: «Sono passati molti anni dal disastro di Chernobyl, ma bisogna tener conto che i radionuclidi per degradarsi impiegano migliaia di anni e quindi potrebbero essere rimovimentati dalle fiamme e rientrare in circolo nell’atmosfera. L’inquinamento radioattivo- spiega Romizi - determina un forte aumento di tumori, in particolare leucemie, linfomi, tumori cerebrali, anche nei bambini e nelle generazioni successive».


E preoccupato sembra essere anche Alexei Yablokov, autorevole ecologista e corrispondente dell’Accademia delle scienze, che ha spiegato che i radionuclidi presenti nelle foreste contaminate e liberati dagli incendi in corso «possono raggiungere luoghi a centinaia di chilometri di distanza, a seconda delle condizioni meteo. Se la regione di Bryansk è in fiamme, il materiale radioattivo può raggiungere l’area di Novgorod, Mosca e in particolari condizioni, l’Europa orientale».

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