Dal 1961 (anno della mia Prima Comunione) e fino a tutta la giovinezza, le preoccupazioni maggiori, prima di accostarmi a un confessionale, erano di svolgere un buon esame di coscienza. Il parroco della chiesa di San Giovanni in Porta, a noi appartenenti all’Associazione Cattolica, ci aveva fatto imparare a memoria una serie di domande da porci prima di inginocchiarci davanti al prete (che spesso era proprio lui). Alcune di queste domande le ricordo ancora: «Mi sono ricordato di Dio qualche volta?»; «Ho recitato le preghiere mattina e sera?»: «Sono andato a messa la domenica e le feste comandate?»; «Ubbidisco ai miei genitori?»; «Ascolto le parole della maestra?» (la mia maestra era una suora, ed io ero convinto che a farla arrabbiare commettessi un doppio peccato mortale); «Ho detto le parolacce?» eccetera.
Da adulto, avendo smesso di andare a scuola (come alunno), essendo morto un genitore (potevo disobbedire solo a mia madre) e non rubando più la marmellata dalla dispensa, le mie preoccupazioni prima di accostarmi al confessionale erano di avere il coraggio di rivelare colpe per le quali rischiavo l’ira del prete, e addirittura l’orecchio come Holyfield con Tyson.
Questo fino a ieri. Da oggi (da L’Espresso) in poi, le mie preoccupazioni sono altre. Sono di non farmi leggere il pensiero quando esamino i peccati in chiesa (non posso escludere che la persona al mio fianco non sia un giornalista dotato di facoltà telepatiche); e soprattutto di non essere ascoltato al momento della confessione (esistono microscopiche Orecchie e Occhi elettronici da Grande Fratello). Io, signori, ho sulla coscienza parecchi peccati, e non mi piace che finiscano sulle pagine di un rotocalco o di un quotidiano, per essere poi conosciuti da milioni di connazionali. Tornare a casa ed essere additati dai condomini come quello che non sopporta pazientemente le persone moleste, non alloggia i pellegrini, non visita i carcerati, mangia carne il venerdì e negli altri giorni di astinenza, e soprattutto desidera la donna d'altri, mi darebbe imbarazzo (come darebbe imbarazzo conoscere le vostre mancanze. Qui, nei confessionali e al telefono, siamo tutti a rischio-spiata).
Da domani, i miei peccati li metto su carta e li spedisco al confessore, sperando che la missiva, prima di giungere a destinazione, non venga dirottata all’Espresso da qualche tavarisc postale.
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