Cronache

I segreti della Lanterna tra storia e leggenda

Un viaggio tra i fari di tutto il mondo nel libro rielaborato, dopo una lunga ricerca d’archivio, dalla scrittrice Annamaria Mariotti

I segreti della Lanterna tra storia e leggenda

Luisa Castellini

Certo non fece una bella fine l’architetto che costruì la Lanterna di Genova, così com’è oggi. Il Doge apprezzò talmente la sua opera da scagliarlo giù dalla cima, per evitare che facesse di meglio... altrove.
E cosa dire dei Borboni, che appena finito il faro di San Vito a Trapani dovettero lasciarlo al Regno d'Italia?
Di queste e di mille altre storie è custode una ricercatrice genovese, Annamaria Lilla Mariotti. Vive a Camogli, ma solo nel tempo libero. Ovvero quando non è in giro per il mondo a caccia di fari. A spulciare archivi ed ascoltare ricordi e leggende. Per poi tornare a casa, ordinare tutto questo sapere e raccontarlo, magari in un libro.
Dalla passione di questa donna stregata dal mare e dal «braccio» italiano del National Geographic, la casa editrice White Star, nasce «Fari». Un volume dalla forma curiosamente allungata, che ben accompagna le architetture ardite dei fari più antichi e suggestivi di tutto il mondo, immortalati da grandi fotografi.
Il libro è lungo quanto un viaggio nei confini più reconditi delle terre conosciute. Un percorso a ritroso nella storia e nel tempo, ove s'incontrano dinastie e commercianti, esploratori e pirati.
Di ciascuno dei 37 fari presentati, la Mariotti ripercorre storia e traversie, ne canta leggende e antefatti curiosi.
Ma come e quando nascono i fari? All'inizio erano fuochi di sterpi improvvisati sulle spiagge, per avvisare i vascelli di scogli e di secche. Purtroppo anche i pirati sapevano accenderne - e di ben luminosi - per far naufragare le navi cariche di merci e depredarle. Ci vollero i romani per le prime costruzioni in pietra e da allora i fari vissero, è proprio il caso di dirlo, di luce propria.
Indispensabili per segnare le grandi rotte commerciali, vivono la propria age d'or tra seicento e ottocento. Costruiti secondo lo stile dell'epoca, vantano statue e pinnacoli in Francia, a Le Corduan, con tanto di cappella e appartamento, in caso di visita del Re. In Inghilterra si ergono su improbabili scogli della Cornovaglia, con pietre scalpellate una a una per assicurarne la stabilità.
Nell'allora colonia Australiana, sono invece il frutto del sudore di anonimi galeotti, che speravano nella liberazione per buona condotta. A governarli era il magnanimo Macquaire, uno scozzese arrivato a sostituire il poco lungimirante Comandante del Bounty, William Blight.
E in Liguria? Come nel resto d'Italia, una completa illuminazione delle coste inizia solo dopo l'Unificazione, sulla scia degli antichi fari di Genova, Livorno e dell'Elba. In Liguria, senza contare i numerosi fari di segnalamento, se ne contano ben sei, oltre alla Lanterna: Punta Verde a San Remo, Capo Mele e Capo Vado a Savona, Punta Vagno e Portofino a Genova e l'Isola del Tino a La Spezia. Come tutti i fari italiani «in uso», sono gestiti dalla Marina Militare e per ovvi motivi di sicurezza, non è facile ottenere permessi per visitarli.
Scorrendo le pagine di «Fari» come genovesi si può davvero andar fieri. La Lanterna è uno dei pochi esempi italiani citati, insieme a Forte Stella sull'Elba, Punta della Madonna a Ponza e San Vito a Trapani. E si distingue fra tutti, italiani e stranieri, per la sua antichità, con documenti che la citano già nel 1129.

Senza contare che a redigere questo libro nato sotto l'egida del National Geographic, sono state chiamate mani genovesi.

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