I segreti del Sinodo: i vescovi sognano la messa in latino

Nessuna apertura sull’eucarestia ai divorziati e sui preti sposati

Andrea Tornielli

da Roma

C’è un «filo rosso» che attraversa le cinquanta proposizioni finali del Sinodo sull’eucaristia: l’attenzione alla messa ben celebrata. I vescovi, quarant’anni dopo la costituzione conciliare sulla liturgia, ritengono «benefico» l’influsso della riforma, ma non si nascondono che «abusi si sono verificati» e affermano che «non mancano neppure oggi anche se sono alquanto diminuiti». Nelle proposizioni molte volte emerge la preoccupazione per la perdita di significato di gesti e riti che appartenevano alla bimillenaria tradizione cattolica e che si sono dimenticati nella prassi pastorale degli ultimi decenni.
Un esempio è l’adorazione eucaristica, «desaparecida» in alcune comunità parrocchiali. Il Sinodo la definisce «un particolare segno dei tempi», chiede che le chiese rimangano il più possibile aperte per «la visita al Santissimo» e che si riscopra l’adorazione «allo scopo di coltivare l'atteggiamento di stupore di fronte al grande dono della Presenza reale». Non è un caso se già due volte in tre mesi, in occasione della Gmg di Colonia e poi dell’incontro con i bambini della prima comunione, il Papa ha voluto includere l’adorazione eucaristica come momento conclusivo.
Un altro segnale significativo è «la ripresa dell’insegnamento e della pratica delle indulgenze» che i padri sinodali intendono promuovere. Diventate emblema di una concezione «mercantile» della fede, sono state messe nel dimenticatoio soprattutto per motivi ecumenici. Benedetto XVI, invece, le ha volute recuperare, concedendo l’indulgenza plenaria ai ragazzi della Giornata di Colonia.
Dal Sinodo arriva anche un invito ai sacerdoti perché considerino «la celebrazione come loro principale dovere», preparando «accuratamente l’omelia». Viene poi rilevato che spesso il segno della pace «assume un peso che può divenire problematico, quando si protrae troppo a lungo o addirittura suscita un poco di confusione proprio prima di ricevere la comunione». La soluzione proposta è quella di valutare la possibilità, già presente nella prassi orientale e ambrosiana, di collocarlo prima della presentazione dei doni. «In ogni caso – scrivono i padri sinodali – di norma il sacerdote non deve abbandonare il presbiterio» come invece spesso accade.
Il Sinodo chiede che si eviti «l’eccesso di interventi che può condurre ad una manipolazione della santa messa, come per esempio quando si sostituiscono i testi liturgici con testi estranei». Un fenomeno più diffuso di quanto si creda anche nelle parrocchie italiane. Per quanto riguarda il canto, esso «deve essere armonizzato con la liturgia, partecipare efficacemente al suo fine, ossia deve esprimere la fede, la preghiera, lo stupore, l’amore verso Gesù presente nell’eucaristia». Difficile che questo possa essere conseguito con canti basati su melodie beat.
I padri sinodali chiedono inoltre di osservare «la pratica della genuflessione» di fronte all’ostia consacrata e che «si richiami l’importanza di inginocchiarsi durante i momenti salienti» della messa. Una pratica che rischia di cadere in disuso, specie se le banche con l’inginocchiatoio vengono sostituite con semplici sedie.
Infine, non manca la raccomandazione di celebrare la messa in latino durante gli incontri internazionali.

Il Sinodo chiede che fin dal seminario i futuri preti siano preparati a «comprendere e celebrare la Santa Messa in latino ed a saper valorizzare il canto gregoriano». È evidente la preoccupazione recepita nel testo finale consegnato al Papa: nessuno vuole tornare indietro a prima del Concilio, ma vanno corretti abusi e storture introdotte nella prassi celebrativa.

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