Caro Direttore, nel Vs. servizio del 3 u.s. dedicato al giallo di Bargagli leggo, nella parte relativa agli arresti di sei imputati per l'omicidio Scotti avvenuti il 6 luglio 1984, che la battaglia giudiziaria era proseguita fino a quando i difensori - grazie all'indulto del 1953 - ne ottennero la liberazione. Le cose non sono andate esattamente così.
Debbo, infatti, aggiungere, quale componente del collegio di difesa , che la battaglia giudiziaria è proseguita per altri cinque anni, fino alla sentenza definitiva emessa dalla Corte di Appello di Genova - Sezione Istruttoria - il 25/9/1989 che ha assolto gli imputati per non avere commesso il fatto.
La Corte motivava che la loro partecipazione si era limitata al momento dell'arresto di Carmine Scotti. «Siffatta circostanza (quella dell'arresto) non presenta alcuna incidenza eziologica sull'uccisione - si legge in sentenza - essendo quest'ultima avvenuta ad opera del Comando partigiano che aveva ricevuto in consegna il prigioniero Scotti. D'altronde, se gli imputati avessero voluto uccidere lo Scotti per motivi personali di vendetta, avrebbero provveduto direttamente durante l'iniziale trasferimento in montagna e non lo avrebbero certo consegnato al Comando partigiano da cui dipendevano. E quest'ultimo elemento di fatto - assolutamente incontestabile alla luce delle dichiarazioni del teste Fantozzi (vice comandante della Divisione) che hanno trovato conferma nella deposizione del teste Tomanelli - determina la rottura di un collegamento tra la fase, ascrivibile ai prevenuti, dell'arresto dello Scotti
e la fase successiva dell'uccisione».
Nel Vs. servizio non a torto si osserva che, per far luce sul giallo di Bargagli, fu «un errore madornale aver puntato l'accusa principalmente sul caso Scotti».
*Avvocato del collegio di difesa
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