I Sergio che cambiano la cultura

Caro Massimiliano, penso che la cultura si sia finalmente affrancata e dalla cornice si inizia a guardare il quadro. I primi riscontri sono ufficiosi, arrivano da amici giornalisti, organizzatori di mostre, uomini di cultura, che speravano nel cambiamento delle poltrone, e invece hanno osservato come il ministro Bondi abbia per il momento confermato o lasciato invariato l'assetto. Penso non sia per carenza di uomini, mai come oggi sono usciti allo scoperto nelle città i Sergio Maifredi, che hanno buttato per terra il Manifesto e hanno detto quello che pensano. Lo hanno scritto, hanno affermato che le idee non hanno colore. E lo hanno fatto gratis! E non è una banalità.
Ma il vero cambiamento è a sinistra, nelle trincee degli intellettuali radical che Brunetta va a trovare a Capalbio, e non si presentano all'appuntamento. Non esistono più. L'opinione pubblica non li riconosce, sono mammuth ammuffiti. Gli «intellettuali» le persone interessate di cultura o quelli che la costruiscono stanno imparando di nuovo ad apprezzare la differenza, a ritrovare la curiosità e lo stimolo nei cervelli e non nei movimenti che esistono ma non sono un credo e non soddisfano nessuno se non i soliti noti. Vogliamo dei musei che funzionino, vogliamo delle mostre interessanti, vogliamo degli interlocutori che ci costringano a pensare, anche se sono antipatici. Vogliamo un museo di arte contemporanea competitivo con dei fondi a disposizione e non ci importa se non è agli Erzelli di Renzo Piano.
Sergio ha fatto questo. E dopo una prima diffidenza non legata al colore della sua maglietta ma all'ecletticità dei suoi pensieri che corrono più veloci delle parole e si tramutano in eventi. Una moltitudine. Spesso premiati. Penso che il ministro Bondi nel non cambiare certe poltrone abbia dato dimostrazione di apertura mentale, di dialogo.


Il Veltrusconi temuto e auspicato da qualcuno ha dimostrato che i programmi erano fatti con la carta carbone tanto da far dire «mi hai copiato», come non sorridere? Ecco è a quel punto, nei partitini estremisti catapultati fuori dal Parlamento che si è capito che il re è nudo, e il re è uno solo, uguale per tutti. A sinistra e a destra.

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