I sette peccati di Gus Van Sant, regista «contro»

Scegliete voi come definirlo: pittore, scrittore, musicista, fotografo, anche se il grande pubblico lo ha apprezzato per il suo talento dietro la macchina da presa. A Gus Van Sant, poliedrico quanto tormentato artista, la Fondazione Cineteca Italiana dedica una interessante rassegna che, da oggi fino al 2 marzo, analizza, attraverso sette pellicole significative, il cammino controcorrente di un regista coraggioso. Non poteva mancare, in questa retrospettiva, Drugstore Cowboy (24/2), il film che nell’89 (dopo l’esordio anonimo di Mala Noche) lo ha lanciato sulla ribalta internazionale. La pellicola (nella quale è presente, con una piccola parte, anche il santone della beat William Burroughs), crudo e bellissimo ritratto del mondo della droga (quasi in stile documentaristico), racconta la storia del tossico Bob Hughes che insieme alla moglie e ad un’altra coppia, finisce per mettere a segno, grazie a degli abili stratagemmi, una serie di furti in ospedali e farmacie. La sua opera è sempre costruita attorno a temi forti, che scuotono le coscienze, come Belli e dannati (16/2), con River Phoenix e Keanu Reeves, una scottante storia di amicizia al maschile, di omosessualità, di abbandono. Ma anche le donne non sono sfuggite alla sua implacabile telecamera come il pubblico potrà apprezzare nei riproposti Cowgirl - il nuovo sesso (15/2) e Da morire (17/2) che consacrarono, in un certo senso, il talento di due prime donne dello star system hollywoodiano come Uma Thurman e una inusuale Nicole Kidman, femme fatale priva di scrupoli, che proprio grazie a Da morire iniziò la sua vera ascesa artistica che culminerà nello strepitoso Moulin Rouge. La rassegna allo Spazio Oberdan non prescinde da due dei tre film (manca l’inedito Gerry) che compongono una sorta di trilogia della gioventù (o della morte); a partire da Elephant (che proprio oggi apre l’omaggio al regista), vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2003, ispirato al massacro della Columbine High School. Un film da non perdere, se non altro per il taglio raffinato dei piani sequenza e delle inquadrature.

Come da vedere è il lento, visionario, destabilizzante per il montaggio, Last Days, la pellicola ispirata agli ultimi giorni e alla tragica morte di Kurt Cobain, leader dei Nirvana. Chiude la retrospettiva il recente Paranoid Park (1/3), Gran Premio della giuria al Festival di Cannes 2007.

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