da Roma
I sindacati si preparano all’incontro di dopodomani con i vertici di Air France e guardano a Silvio Berlusconi. Non credono a un’inversione a U di Jean-Cyril Spinetta, e quindi a una schiarita sul fronte di Parigi. Temono, invece, un colpo di coda del governo di Romano Prodi e cioè il commissariamento di Alitalia nel caso in cui la trattativa dovesse fallire nelle prossime ore. E per questo puntano a rinviare la scadenza del 31 marzo che riguarda il loro via libera al piano e, più in generale, sperano di rinviare tutto a dopo le elezioni.
Un modo per schivare quello che il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, chiama apertamente «un ricatto». Un «giochetto puerile del governo nel quale non entro», ha spiegato ieri il sindacalista, irritato dalle ultime dichiarazioni del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, che sembrano limitare l’alternativa tra il piano illustrato dal presidente della compagnia francese, che i sindacati definiscono «capestro», e l’amministrazione controllata. La responsabilità è tutta del governo uscente «che ha avallato un piano e una trattativa senza rivelare a nessuno i punti irrinunciabili che aveva posto».
Cose che il sindacato cattolico denuncia da tempo, ma che da un po’ sono condivise anche dalla Cgil di Guglielmo Epifani. Con l’effetto paradossale che il sindacato di sinistra è in prima linea nel chiedere il rinvio a dopo le elezioni quando, presumibilmente, Silvio Berlusconi sarà premier. «Cercare un accordo richiede tempo. Dicono che bisogna decidere subito - accusa il segretario confederale della Cgil, Nicoletta Rocchi - ma sono stati loro a mettere tra le condizioni il beneplacito del prossimo governo». Condizione che non c’è. Sul merito del piano i sindacati non vogliono fare passi indietro. Sintetizza Mauro Rossi, segretario nazionale della Filt-Cgil: «Un aumento significativo del numero degli aerei di lungo raggio, segnale della volontà di far sviluppare Alitalia; l’acquisto dell’intero pacchetto Alitalia Fly e Alitalia Service». E gli esuberi? Da trattare, eventualmente, solo quando sarà presentato un piano industriale convincente. Di certo, le cifre di Spinetta che parla di 2.100 esuberi, senza contare le nuove assunzioni, non convincono.
Per i sindacati il quadro è lampante. E per le tre principali confederazioni deve essere altrettanto chiaro che, se la situazione dovesse precipitare verso il commissariamento, la responsabilità sarà solo del governo in carica e di Air France. Il presidente della compagnia francese deve presentarsi al tavolo di martedì con condizioni meno gravose, altrimenti - è l’avvertimento di Luigi Angeletti, segretario della Uil, «vuol dire che non vuole fare l’accordo».
E la cordata italiana, sulla quale punta il candidato premier del Popolo della libertà? I sindacati per il momento schivano l’argomento e concentrano i loro sforzi su Spinetta. Anche se è a quell’ipotesi che stanno pensando in questi giorni. Rossi, della Filt, si spinge a dire che, più che ad Air One, punta su Intesa Sanpaolo, e si dice a favore della concessione di più tempo per consentire ai concorrenti di Parigi di fare una due diligence. In sostanza, il rinvio auspicato dalle organizzazioni dei lavoratori, non deve solo servire alla trattativa sugli esuberi, ma anche a mettere a punto le condizioni finanziarie favorevoli alla concorrenza.
Intento che i sindacati non nascondono. «Qualcuno - spiega Bonanni - ha detto che per partecipare vuol vedere i conti perché finora non li ha visti. Mancano meno di 20 giorni alle elezioni. Il buon senso suggerisce la strada di soprassedere fino ad allora».
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