«I sindacati ostacolano le riforme»

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Salvo Mazzolini

da Berlino

«L’intransigenza dei sindacati è oggi uno dei principali ostacoli per portare avanti le riforme di cui le società industrializzate hanno bisogno per affrontare le sfide derivanti dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico». Il giudizio così schietto e severo non è di un leader del centrodestra né di un rappresentante della classe imprenditoriale ma di un uomo di sinistra, uno dei grandi nomi della socialdemocrazia, Gerhard Schröder, cancelliere tedesco dal ’98 al 2005, quando perse le elezioni in parte anche per lo scarso appoggio del potente movimento sindacale e della sinistra del suo partito.
Da allora è passato poco più di un anno, e fra qualche giorno uscirà un libro di memorie di Schröder intitolato Decisioni: la mia vita nella politica, le cui parti essenziali sono anticipate dal settimanale Der Spiegel. Un libro di ricordi e di analisi ma anche uno sfogo, un regolamento di conti con quei settori della sua stessa area politica che remarono contro durante i sette anni in cui guidò la Germania avviando una serie di riforme sociali ed economiche per arrestare il declino del Paese.
Schröder è oggi un signore di 62 anni, ritiratosi dalla politica e senza nessuna intenzione di rientrarvi. Una condizione che gli permette di esprimersi senza quelle cautele che sarebbero d’obbligo se avesse ancora un ruolo nella vita pubblica. Senza giri di parole, quindi, è la sua accusa ai sindacati, che secondo l’ex-cancelliere sono oggi guidati «da funzionari attenti unicamente agli interessi immediati, del tutto privi di coraggio e di ampie visioni». In sostanza Schröder accusa il DGB, la lega dei sindacati tedeschi, di non aver capito quanto siano importanti per il futuro di una società industrializzata che opera in un contesto mondiale in piena trasformazione una efficace riforma del mercato del lavoro e un ridimensionamento dello Stato sociale. Di qui il boicottaggio dei sindacati e della sinistra socialdemocratica all’Agenda 2010, il programma di riforme avviato da Schröder per introdurre maggiore flessibilità nel mondo del lavoro e per tagliare alcune generosità eccessive dello Stato sociale, non solo incompatibili con le possibilità del Paese ma anche dannose, perché garantivano a chi non lavorava quasi lo stesso trattamento di chi lavorava.
Nelle sue memorie Schröder ricorda che uno dei giorni più amari fu quando il 1° maggio del 2003 lui, cancelliere socialdemocratico, non fu invitato al tradizionale raduno dei sindacati.

Fu il segnale della rottura. Parlando del presente, Schröder ha una battuta caustica su Angela Merkel: «La sua leadership è debole». In cosa sia debole, non lo dice. Forse allude alle difficoltà della Merkel di portare avanti riforme impopolari.

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