Politica

I sindaci padani: noi a dieta e i romani si abbuffano

«I sindaci del Nord contro Roma». La Padania titola così, in prima pagina, riaccendendo la spia su una nuova questione settentrionale. Per cui la parola chiave è una sola, condivisa da tutto il popolo del Carroccio: «Vergogna». Dal Veneto alla Lombardia, passando per il Piemonte, il «no» a quelli che considerano favoritismi per la Capitale è unanime. Non va giù, non c’è niente da fare, la deroga di due anni al Patto di stabilità, concesso al Campidoglio, per realizzare i lavori della nuova metropolitana. Per rendersene conto, basta vedere come viene preso di mira Gianni Alemanno, sorridente nel suo bel fotomontaggio, in veste di Nando Moriconi, celebre personaggio interpretato da Alberto Sordi in Un americano a Roma, intento ad affondare la forchetta su un piatto di spaghetti. Il tutto, condito da un esplicito... Abbuffate romane.
«È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso», attacca Massimo Bitonci, deputato leghista e sindaco di Cittadella. «Il malessere è antico e non nasce in questi giorni - racconta al Giornale -. Basti pensare che alcuni enti locali hanno dovuto bloccare i pagamenti, lo scorso settembre, per evitare lo sforamento, con pesanti ripercussioni sulle opere pubbliche. Insomma, ci sono già limitazioni assurde per i comuni virtuosi. Poi arriva pure quel provvedimento...». Ed è fatta, la rabbia si traduce in protesta formale, in lettera pubblica, firmata, tra gli altri, dai più importanti primi cittadini e dai parlamentari con doppio incarico. «Abbiamo fatto una riunione a Montecitorio già al mattino, prima del voto di fiducia - prosegue Bitonci - e poi sono stati contattati un po’ tutti».
Ma dal Veneto al Piemonte il discorso non cambia. «È come prendere un 9 a scuola ed essere rimandato: è così che si sentono i comuni del Nord e chi li amministra», sottolinea Massimo Giordano, sindaco di Novara. «Con scelte di questo genere - prosegue sul quotidiano leghista - è chiaro che quei Comuni dove gli amministratori operano in modo trasparente e rigido non vengono sostenuti, al contrario di coloro che, trovandosi in difficoltà, non riescono a superare gli ostacoli e fanno appello alla clemenza legislativa». Le regole costituite, afferma dal canto suo Michele Marinello, sindaco di Domodossola - che nel 2007 non le rispettò, pagandone le conseguenze - «devono valere per tutti, ma in realtà sono tarate soltanto sulle grandi città, mettendo in difficoltà le realtà più piccole. E poi sono quegli stessi grandi Comuni che ottengono le deroghe».
Si passa così alla Lombardia. Dove chi guida Varese, Attilio Fontana, la pensa così: «È una vergogna che, ancora una volta, chi non sa amministrare sia privilegiato e venga esonerato dalle proprie responsabilità, mentre chi lo sa fare sia penalizzato». Quindi, per dirla in maniera più chiara, «ancora una volta Roma risulta effettivamente privilegiata». Ed è il motivo che lo spinge a lanciare un appello, una «richiesta di ribellione», ai colleghi virtuosi: violare volutamente il patto di stabilità e non accettarne le conseguenze. D’altronde, è il suo ragionamento, «in Italia vale la regola che i furbi non pagano mai. Noi almeno abbiamo il coraggio di dirlo apertamente».
Si torna in Veneto, dove il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, rimarca: «A questo punto, mi sento autorizzato a non rispettare il patto per quanto riguarda le opere di edilizia scolastica e quelle strategiche per la viabilità». E «la mia», tiene a precisare, intervenendo sulla Padania, «non è semplicemente una provocazione, ma un proposito da attuare effettivamente».
In giro per il Nord, dunque, la storia è sempre la stessa. E a mettere il carico, qualora servisse, ci pensa il vice-sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini. «Andrei a Roma, ma per fare la seconda marcia su Roma», afferma ai microfoni di Antenna Tre Nordest, rispondendo così a chi gli chiede la città in cui farebbe volentieri il primo cittadino. «Io sono un grande ammiratore dei romani - aggiunge - ma di quelli di duemila anni fa».

Per capirci, «quelli che avevano l’Impero».

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