I socialisti dicono no al Partito democratico

La maggioranza ds chiede il rinvio del Consiglio nazionale. Mussi soddisfatto: si sono incartati

Roberto Scafuri

da Roma

Alle anime più sincere della sinistra ds, il paradosso non sfugge. Luciano Pettinari, deputato e numero due della componente che fa capo a Cesare Salvi, oggi confluita nella Sinistra socialista della Quercia assieme a Fabio Mussi, Valdo Spini, Fulvia Bandoli, lo trova persino «sconcertante». La questione socialista, che per anni i «post-comunisti» hanno rimosso cacciandola dalla porta, è rientrata dalla finestra e si abbatte come la Nemesi sul nascente (nascituro o chissà-se-nasce) Partito democratico. «Per chi come noi veniva dal Pci, la questione del socialismo era un nodo fondamentale e riguardava il rapporto con il Psi, partito alla nostra destra. Oggi il nostro gruppo dirigente, che si illudeva di saltare a piè pari quel nodo irrisolto, se lo ritrova a sinistra, nell’irresolubile problema che lascia Fassino in preda alle contorsioni: come conciliare il Pd con il Pse, la grande famiglia del socialismo europeo?».
Il time-out chiesto dalla maggioranza dei Ds, con lo slittamento del Consiglio nazionale (primo atto costitutivo del Pd) al 18 dicembre, ha il sapore del «basta!» di un pugile «suonato» e alle corde. «Segnala il fallimento della strategia fassiniana di rimozione della questione socialista - spiega in termini politici Pettinari -. E più prendono tempo, più maturano le critiche al progetto...». Poco più in là, nel Transatlantico di Montecitorio, il leader Mussi si gode il successo: «Si sono incartati, il progetto sta morendo prima ancora di nascere...», esagera un po’. Ma in termini realistici avverte ancora una volta che il Pd rischia di avere l’effetto contrario a quello cercato da Prodi: «Può destabilizzare il governo, bisogna stare attenti». Impietosa anche l’analisi: «L’Ulivo ha subito un’emorragia continua, dal 44 per cento del ’96 al 31 per cento del 2006... Prima li hanno fatti uscire dall’Ulivo uno a uno, Mastella, Di Pietro, i socialisti, una vera e propria sinfonia degli addii. Adesso fanno appelli per farli rientrare... Auguri. Sono rimasti Ds e Margherita, e capisco l’imbarazzo, perché anche questi due partiti stanno andando divisi a un tentativo di unificazione, francamente deludente...».
Il tentativo di Fassino di rimontare mediaticamente lo scontro che paralizza i due promessi sposi - una conferenza stampa tenutasi ieri mattina al Botteghino - non pare riuscito. Il segretario ds parla di «significativi passi avanti» e ammette che il rapporto tra Quercia e Margherita è «essenziale anche se non sufficiente per costruire il Pd: il nuovo progetto non si può esaurire a questi due partiti, occorre aprire un confronto con lo Sdi affinché possa essere coinvolto pienamente, così come vanno coinvolti i Repubblicani, i Socialdemocratici, i Socialisti di Craxi, gli ambientalisti, le associazioni...». Insomma il solito ritornello aperto a tutti per riuscire a non includere nessuno. Difatti sia Enrico Boselli che Bobo Craxi si permettono il lusso di nicchiare. «Da Fassino arriva un invito allo Sdi - comunica Boselli -, ma ci sono ostacoli evidenti che non sono stati rimossi: per esempio, la questione della laicità che dovrebbe essere alla base del Pd, mentre il processo si sta svolgendo come una sorta di compromesso storico-bonsai che riguarda esclusivamente Ds e Dl». «Apprezzo Fassino - è il gentile diniego di Craxi jr -, ma è complicato unirsi ora, sulla base di un rapporto preferenziale tra Ds e Dl che emargina proprio i socialisti; d’altronde qualsiasi dialogo con i Ds può avvenire solo nel campo socialista, e loro non hanno risolto il nodo centrale della propria collocazione europea...». La blanda versione fassiniana di «interlocuzione con il Pse» induce l’ulteriore sarcasmo di Mussi: «Ma che vuol dire interlocuzione? Che possiamo scrivergli?».

La frittata è però stata fatta e al segretario ds non rimane che «andare avanti senza incertezze». «Fondare un partito non è come friggere quattro uova...», si ribella Fassino con i giornalisti. Ma in cuor suo si sente già un po’ fritto.

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