"I sogni d'Impero e d'eternità della donna che creò l'Iraq"

Lo scrittore Olivier Guez racconta la vita di Gertrude Bell, archeologa e spia inglese cruciale nel Medioriente di un secolo fa

"I sogni d'Impero e d'eternità della donna che creò l'Iraq"

È difficile resistere al fascino di figure come quella di Gertrude Bell (1868-1926), prima donna a laurearsi in Storia col massimo dei voti a Oxford, archeologa, spia al servizio di Sua Maestà, nipote dell'ambasciatore britannico in Persia, figlia di una dinastia dell'industria metallurgica e dell'epoca vittoriana, colta, capace di parlare arabo e persiano, amica fraterna di Lawrence d'Arabia, protagonista della politica dell'Impero in Medio oriente nel primo Novecento e, di fatto, creatrice dell'Iraq come nazione. E questa donna così potente eppure così sola, emblema di quello che è stata la Gran Bretagna fra Otto e Novecento, è al centro di Mesopotamia di Olivier Guez (La nave di Teseo, pagg. 376, euro 22), romanzo documentatissimo che l'autore francese, vincitore del Prix Renaudot per La scomparsa di Josef Mengele (Neri Pozza 2018) presenterà a Pordenonelegge (18 settembre, ore 19, Auditorium Vendramini), prima tappa del suo tour italiano.

Olivier Guez, come ha incontrato Gertrude Bell?

"Nel 2003, durante la Seconda guerra del Golfo, mi occupavo di Medio oriente come giornalista per La Tribune e la stampa britannica riscoprì Gertrude Bell, perché lei di fatto creò il Regno dell'Iraq. Mi sono ricordato di quella foto scattata alla conferenza del Cairo del marzo 1921, dove ci sono Churchill con i quaranta ladroni e una donna nell'angolo... Forse era lei? Nel gennaio del 2018 ne ritrovai il nome in un libro e decisi che avrei scritto un romanzo sulla vita di questa donna e, attraverso essa, sulla nascita del Medio oriente e del nostro mondo contemporaneo".

Quanto ha impiegato?

"Sei anni. Dovevo entrare nella psicologia di una donna inglese dell'epoca, con una esistenza così ricca e piena: la sua biografia ci parla dell'Impero inglese in India, della Prima guerra mondiale, della fine dell'Impero ottomano, dei piani di Germania, Francia e Regno Unito per il Medio Oriente".

Che donna era Gertrude Bell?

"Una donna sui generis, inclassificabile. C'è una certa moda di riscoprire le prime femministe; ebbene, lei non lo era per niente. Era un personaggio unico e pieno di ambiguità, perfetto per un romanzo: da un lato era una avventuriera, archeologa, alpinista, che viveva da sola e aveva ricevuto una educazione d'élite; dall'altro era contro le suffragette e il voto alle donne e non era emancipata per niente, al punto da considerare le relazioni fra uomo e donna in maniera ancora vittoriana e da ritrovarsi persa con questa sua visione, dopo la Prima guerra mondiale".

Che altro?

"Era assolutamente imperialista: guardava il mondo dal suo balcone, diciamo, quello della sua classe sociale, della sua ricchezza e quello di una cittadina britannica cresciuta ai tempi della Regina Vittoria, all'apice dell'Impero, e non perse mai questo sguardo. Ebbe una vita piena: il padre era ricchissimo, mentre grazie alla matrigna venne in contatto con tutta la Londra bene di artisti, scrittori, politici, intellettuali".

In che senso "creò l'Iraq"?

"Arrivò in Mesopotamia del Sud all'inizio del 1916, quando era ancora parte dell'Impero ottomano e, col tempo, divenne il pilastro dell'amministrazione civile britannica nel Paese, oltre a essere legata ai servizi segreti inglesi. Dopo la guerra rimase a Baghdad e preparò il futuro della Mesopotamia. L'Iraq nato nel 1921 è una sua creatura: lei ne delineò le frontiere, il territorio, la bandiera e quel miscuglio di sciiti, sunniti e curdi, che è tutt'oggi; fu sua anche l'idea di fare arrivare Faysal come re. Insomma ha creato lei questo mostro geopolitico, che non ha mai funzionato".

Che rapporto aveva con Lawrence d'Arabia?

"Era molto amici e molto simili... dei paria nella società britannica dell'epoca, con una loro non sessualità molto particolare, entrambi avevano studiato storia a Oxford ed erano persi in un mondo mitologico dell'Oriente e dell'antichità, avevano la stessa passione per l'archeologia ed erano entrambi spie. E, soprattutto, sognavano molto, fino a che, a un certo punto, la guerra ha reso questi due outsider due protagonisti della storia; però, dopo la guerra, non lo sono più stati".

E quindi?

"Dopo la guerra si sono ritrovati a non essere più niente, né inglesi, né arabi, e si sono smarriti, Gertrude come Lawrence... Gertrude è diventata inutile per l'Impero, per Faysal e per gli altri uomini ed è morta, senza avere più nulla da fare: non era simpatica, ma il suo destino triste e la sua solitudine di donna mi hanno molto toccato. Un personaggio prometeico, coi suoi sogni di Impero e di eternità, la sua solitudine e la sua follia".

Con Churchill che rapporto aveva?

"Appartenevano allo stesso mondo, l'upper class inglese, erano imperialisti e lei aveva lavorato per lui quando era segretario di Stato per le Colonie: Churchill ha usato Gertrude per la sua politica e le sue ambizioni".

Cita spesso un libro, Arabia deserta di Charles M. Doughty, fra l'altro uno zio dell'uomo che Gertrude amava. Perché è così importante?

"Era un libro di viaggio. L'autore aveva attraversato per due anni quella che oggi è l'Arabia Saudita, che nell'Ottocento era un Paese ancora sconosciuto, selvaggio, un luogo di deserto e di caldo, e poi aveva scritto un tomo enorme, circa 1500 pagine, che era diventato la bibbia dei viaggiatori inglesi in Medio oriente. Doughty, che aveva viaggiato da inglese e scritto da inglese, avvertiva i viaggiatori di non perdersi, ma Getrude e Lawrence non lo hanno ascoltato o, forse, per loro era impossibile ascoltarlo: per loro era impossibile ritornare a casa, perché si erano spinti troppo lontano".

Che cosa resta di questa donna?

"Resta pochissimo. Questo mostro geopolitico che è l'Iraq e, fino al 2003, il Museo archeologico di Baghdad, bellissimo, la sua creazione più grandiosa.

Per il resto è stata totalmente dimenticata e, per me, questa sua solitudine nel mondo imperiale britannico, questo suo destino da eroina da romanzo inglese di fine Ottocento, sono ciò che rimane davvero e ci tocca, ancora oggi".

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