I soldi per la Tav spendiamoli per noi

Caro Granzotto, ora che i soldi della Comunità europea, 671 milioni, sono arrivati lei crede che finalmente avranno inizio i lavori dell’Alta velocità Torino-Lione o assisteremo ancora all’umiliante spettacolo della resa dello Stato a un gruppetto di manifestanti della Val Venaus?


Due ore e 15 minuti, caro Giorgelli. Tanto ci mette il Tgv, l’equivalente francese della Tav - treno ad alta velocità che solo l’ipocrisia italiana ha ribattezzato «ad alta capacità» - per andare dal centro di Parigi al centro di Londra. Mentre per raggiungere il centro di Bruxelles, il Tgv ci mette un’ora e 53 minuti. Qui da noi, il Milano-Roma più rapido impiega poco più di quattro ore (pari dunque all’andata e ritorno del Parigi-Londra). Il Torino-Roma la bellezza di 7 ore. Il Milano-Lecce dieci ore, quando va bene. E con questi chiari di luna stiamo ancora a sognare il collegamento veloce Torino-Lione? Possibile che del Corridoio 5, quello che alla fine collegherà Lisbona con Kiev, siamo spasmodicamente interessati ai pochi chilometri che vanno da Saint Jean de Maurienne a Torino e totalmente disinteressati ai 500 che separano il capoluogo piemontese da Trieste (attualmente coperti dall’alta velocità per soli 80 chilometri), attualmente percorsi in sette ore e mezzo? Come può essere prioritario il collegamento con Lione quando ancor oggi la linea ad alta velocità Roma-Napoli a Napoli non giunge, ma si ferma a Cricignano e da lì prosegue come un treno normale a bassissima velocità? Il Torino-Lione, si usa rispondere, è prioritario perché lo vuole l’Europa.
Certo, lo vuole l’Europa, ma siamo noi ad averglielo concesso. Vede, caro Giorgelli, la Francia, che è furba, al collegamento fra Lione e l’Italia ci arriva adesso. Ci arriva dopo aver realizzato (attingendo a piene mani ai fondi comunitari) una vasta ed efficientissima rete ferroviaria ad alta velocità all’interno delle proprie frontiere. Quando poi è passata ai collegamenti internazionali, ha dato la precedenza a quelli con la Gran Bretagna e il Belgio, cioè ai più redditizi. Solo allora si è piegata alla volontà dell’Europa dicendosi, con poco o punto entusiasmo, pronta a collaborare alla realizzazione della benedetta tratta Lione-Torino. Per noi, invece, tutto il contrario. Per noi vengono prima gli interessi comunitari - bucare una montagna onde rendere più agevole e veloce il noto pendolarismo portoghese verso Kiev - di quelli nazionali. Abbiamo ferrovie che fanno pietà. Che gridano vendetta al cospetto di Dio. Però chiediamo soldi a Bruxelles per aprire un buco verso Lione.

Non ci passa nemmeno per la capa di pretenderli (son pur sempre soldi nostri) per ammodernare la rete ferroviaria (che da Napoli in giù è a binario unico, come ai tempi del buon Re Ferdinando) e realizzare quelle linee ad alta velocità che servano prima di tutto a noi e in seguito, un domani, anche ai pendolari portoghesi verso Kiev. In sostanza, va benissimo essere ferventi europeisti. Ma non va bene per niente lasciare che, in nome dell’europeismo, ci facciano - come ci fanno, caro Giorgelli, come ci fanno - fessi.

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