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«I soldi vinti?Non interessano Volevo entrare nella storia»

Due ori come Monti, Tomba e Di Centa. «Ma il mio mito è Stefano Baldini». E il premier lo chiama

Paolo Marchi

nostro inviato a Torino

Il presidente Ciampi, parlando al telefonino con un vip festante all’Oval, dirà che «siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e un pattinatore». Vera o falsa che sia, eccolo il pattinatore, uno degli ottanta tesserati su una popolazione di oltre 56 milioni di abitanti. Un ago in un pagliaio è forse meno solo ma di certo meno felice: «Il mio sogno continua e dire che ero partito male».
L’uomo dei Giochi per noi italiani è lei.
«Così dicono, però lo capirò quando sarò a casa, andandomene da solo per i boschi. Allora ripenserò a questa rimonta».
È la sua specialità.
«Credo che sia meglio partire così che non a razzo. Hedrick e Davis hanno perso perché hanno iniziato troppo veloci».
Pensa di essere stato avvantaggiato dalla loro rivalità?
«Sì, lo so che sono rivali in casa ma non ci ho proprio pensato. Piuttosto penso che vincere come ho vinto io, dando il massimo nel finale, trovando energie che non pensavo di avere, sia molto bello, una grande prova di orgoglio perché cresci quando gli altri, i razzi, si spengono».
Eugenio Monti due ori nel ’68, Alberto Tomba due nell’88, la Di Centa e adesso lei, addirittura tre medaglie, come si sente?
«Mi sento nella storia ma non mi sembra di avere fatto nulla di speciale anche se Davis è venuto a stringermi la mano dicendomi che era fiero per come avevo saputo vincere. Ecco, chi fa sport in Italia dovrebbe prendere esempio da lui».
Di certo quelli del calcio, troppi soldi nel pallone?
«Sì, ci sono tanti sport dove si fanno sacrifici e fatiche e dove non gira un euro. Invece abbiamo gli stessi diritti».
Venerdì ci sono i 10mila.
«Non sono la mia gara e credo che ora mi attendano due giorni duri, di feste. I diecimila saranno un po’ una passerella».
Ha invece capito dove la sua gara si è tinta d’oro?
«Negli ultimi duecento metri, forse addirittura gli ultimi cento perché, grazie anche a un brutto avvio, non ho fatto l’errore di imbottirmi di acido lattico».
Suonerà la chitarra?
«Sì, ma mi tremeranno le mani».
La prima telefonata?
«Del presidente Berlusconi. Mi ha detto che sono entrato nella storia e di andare a Roma che mi vuole abbracciare».
In tal senso, quando ha iniziato a preparare questa splendida avventura?
«Quattro o cinque anni fa come basi e due anni fa come possibilità olimpiche».
Pensa di avere avuto fortuna in gara?
«No, è un oro che ho vinto io, dopo tante pressioni della stampa e dell’ambiente».
Tre medaglie, tre premi per un totale di 300mila euro, un regalo?
«Dopo il primo oro avevo detto una vacanza, adesso ne farò due».
Cosa desidera per il suo futuro?
«Voglio restare quello di sempre, un ragazzo tranquillo e sereno. Faccio un esempio: tutti mi chiedono dei soldi vinti, servono, eccome, ma io ho corso pensando con la testa, pensando che se avessi vinto ancora sarei entrato nella storia».
Una ultima curiosità: c’è un atleta che lei ha sempre considerato il suo ideale?
«Sì: Stefano Baldini. È uno umile come me. Una delle poche gare olimpiche che ho visto in tv è stata la sua maratona. Quando la vinse piansi di gioia perché aveva vinto uno come me. E pensai anche che di lì a due anni mi sarei ritrovato io nella sua situazione, provai una emozione intensa, una sensazione che ho poi saputo vivere per davvero e non solo sognare».
E il leggendario Eric Heiden e le sue cinque medaglie?
«Be’, di sicuro più di tre non posso vincerle».
La dovremo allora chiamare Enrico secondo…
«No, sono io Enrico primo».


E unico.

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