I successi di Zapatero hanno il trucco

Viva Zapatero: nel 2005 era solo un film di Sabina Guzzanti, ma da allora è diventato un comandamento e non hanno più smesso di gridarlo. Il premier della sponda giusta idolatrato come un nuovo Principe dalle capacità taumaturgiche. Superatissimo Tony Blair, obsoleto e rottamato perché troppo americano. Ultimamente soltanto Obama sta riuscendo a insidiare il primato del leader spagnolo nella speciale classifica pavoni. Ma deve ancora farsi. Sempre più enfasi, sempre più prostrazione, per Zapatero. Il suo modello ormai portato ad esempio planetario, al vago sapore di miracolo sociale. E lui, il Principe, ogni volta pronto a rimarcarlo. A farlo pesare. Ovviamente non ha mancato di farcelo notare, con quel suo sorrisino sarcastico da Mister Bean, pure all’indomani degli Europei di calcio: «Abbiamo sorpassato l’Italia, in tutto». È mancato il tiè, ma il faccino da capoclasse lo lasciava chiaramente intuire.
Come tutti i Principi, ma anche come il caposcuola della propaganda nazionalista Joseph Goebbels, Zapatero fa un uso dello sport altamente propagandistico. Ne ha qualche motivo: i dati dell’economia non può più sventolarli sotto al naso di nessuno, anche perché tutti hanno compreso come fossero semplice conseguenza di una spaventosa bolla immobiliare. Sì, adesso che ha costruito più di qualunque altro Paese europeo, la Spagna s’è accorta improvvisamente di un fastidioso dettaglio: nessuno compra più case. Il risultato è prossimo alla crisi: tutta l’industria connessa all’immobiliare sta frenando bruscamente, con il serio rischio di non riuscire a evitare la musata.
No, meglio non insistere con la storia della nuova locomotiva. Meglio parlare solo di sport. Lì davvero va tutto a gonfie vele. Contador vince il Giro, Nadal vince Rolland Garros e Wimbledon, le Furie Rosse vincono gli Europei, ora il gregarione Sastre vince persino il Tour. Sono i nuovi cannibali. Superuomini e supereroi. Le mamme d’Europa guardano i figli delle colleghe spagnole e inevitabilmente si chiedono: diamine, che cosa mettete nel biberon delle vostre creature?
Cullandosi sui suoi primati, gongolando davanti a tanta invidia, Zapatero si gonfia e ora aspetta la grande platea delle Olimpiadi. Tutto sembra sorridergli, niente sembra mettere in discussione l’elegia del suo sport invincibile. Dal suo punto di vista, fa bene a godersela. Sono gli altri, però, che potrebbero un attimo fermare i violini per tentare di ragionare. Va bene l’adulazione per un modello politicamente adorabile, ma c’è un limite. L’adulazione non può sbiadire la memoria. Non si può rimuovere così in fretta un dato fondamentale. Questo: Zapatero e la sua Spagna vincono portandosi dietro un pesantissimo peccato originale. Si chiama Operacion Puerto. È il più grande scandalo di doping mai esploso al mondo. Teatro, Madrid. Protagonista, un ginecologo prestato agli uomini di nome Eufemiano Fuentes. Duecento e oltre gli atleti in fila nel suo studio, per traffici di sangue dai prodigiosi risultati. In lista, molti ciclisti. Ma anche calciatori e tennisti.
Allo scoppio della bomba atomica, Paesi come Italia e Germania affrontano drasticamente la questione e ghigliottinano senza pietà i propri atleti presenti negli elenchi del ginecologo maschile. Per non fare nomi, si parla tra gli altri di Basso e Ullrich, cioè dei due ciclisti più forti al mondo.
A quel punto, tutti si aspettano che la Spagna, culla dello scandalo, faccia altrettanto con i tesserati suoi. Ma è una pia illusione. La culla dei diritti e delle tolleranze, la nazione che ci bacchetta perché noi tratteremmo troppo male i rom, non alza nemmeno un dito contro i suoi sportivi truffatori. Al momento dello scandalo la Spagna non ha una legge antidoping, dunque non si può procedere. E le federazioni sportive? Loro cadono dal pero: se non si muove la giustizia - dicono con candore di bimbi - perché dovremmo muoverci noi?
Risultato. Da allora, tre anni fa, gli spagnoli vincono immancabilmente il Tour. Gli altri a casa, loro occupano i posti liberi. Mentre i Basso e gli Ullrich sono fuori, restano in corsa i corridori iberici segnalati nella famosa lista dell'Operacion Puerto. Uno scandalo epocale. Ma la cosa più bella, per restare in Italia, è che anche la stampa giustizialista e intransigente, molto reattiva nel chiedere inchieste e imputazioni per tutto e per tutti, giustamente anche nello sport (vedi Pantani e Basso), non ha alcun problema adesso a celebrare i trionfi spagnoli del peccato originale. Delle carte truccate. Diciamolo: siamo di fronte all'odiosa teoria dei due pesi e delle due misure. O del rigore a corrente alternata. A seconda se tocca gli amici o i nemici. Come l'Operacion Puerto: uno scandalo.
Ovviamente, non si tratta di parlare per invidia. O perché noi siamo puliti e loro no. Se è solo per questo, dai controlli risulta che Riccò è sporco e Sastre è pulito. Ma non è questo il problema. Sarebbe - è - una pura e semplice questione di giustizia: non si dovrebbe accettare che una nazione europea di primo piano, portata ad esempio per la sua travolgente invincibilità, vada in giro ineffabilmente con gli scheletri nell'armadio.

Altrimenti si gioca con regole falsate. Eppure, nessuno se la sente di eccepire. Nessuno vuole rovinarsi il santino. Sempre Viva Zapatero. Dev'essere una questione di sopravvivenza: se non possono più gridare Viva Zapatero, non resta molto.

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