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I talebani: «Bin Laden è vivo e guida i nostri combattenti»

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I talebani:  «Bin Laden è vivo e guida i nostri combattenti»

Osama Bin Laden «non si è ancora trasformato in un martire», ovvero è vivo e continua a guidare Al Qaida, giura uno dei più noti comandanti dei talebani, mullah Dadullah. L’offensiva mediatica e propagandistica dei fondamentalisti afghani continua in vista dell’annunciata impennata degli attacchi a primavera.
Questa volta è stata la televisione inglese Channel 4 a realizzare un’intervista al capo talebano, anche se non è chiaro come e dove. «Sebbene sia difficile incontrare Osama Bin Laden è facile avere informazioni sul suo conto. I suoi compagni ci tengono informati», ha detto Dadullah davanti alla telecamera. In realtà il mullah in armi ha ammesso che non vede il fondatore di Al Qaida dalla fine del 2001. Secondo Dadullah, Bin Laden «incontra solo i suoi compagni e noi ci scambiamo messaggi per condividere i piani» di destabilizzazione in Afghanistan. «Incontrarlo è difficile e capita molto raramente, ma sappiamo che è vivo, che non è ancora un martire», dichiara il leader talebano. Per i fondamentalisti i «martiri» sono i combattenti che si immolano contro le infedeli truppe straniere in Afghanistan, magari facendo le bombe umane.
Dadullah ha affermato di aver portato sul campo di battaglia le tattiche di Al Qaida aggiungendo che migliaia di talebani si sono offerti di diventare «martiri suicidi». «A centinaia - sostiene - si sono iscritti nelle liste si attesa. Ciascuno di loro è ansioso di essere il primo. Bin Laden desidera fortemente che i soldati americani e britannici soffrano più perdite possibili, qui o altrove non importa».
L’ultima segnalazione individuava Osama nell’area tribale di Chitral, al confine fra Pakistan e Afghanistan. Le parole di Dadullah servono a smentire le voci sulla morte di Osama, tenendo conto che negli ultimi messaggi sull’Afghanistan, il numero due di Al Qaida, Ayman al Zawahiri non ha mai citato lo sceicco del terrore.
I proclami talebani fanno molto rumore, anche se riflettono una tattica propagandistica, più che militare. Dadullah, che è il capo della shura, il consiglio militare dei fondamentalisti, aveva già annunciato che «per la battaglia di primavera sono pronti 6mila mujaheddin». Altri comandanti talebani hanno parlato di 10mila uomini, aggiungendo 2mila aspiranti kamikaze, poi ridimensionati più realisticamente a 200. Numeri in libertà, che in ogni caso non vanno sottovalutati. Un’impennata degli attacchi si attende a fine marzo, inizi aprile, dopo le festività del Nowroz, il Capodanno afghano.
Le minacce talebane hanno ampio risalto, mentre cadono in secondo piano le annunciate reazioni della Nato. Lo stesso presidente americano George W. Bush ha spiegato che «in primavera ci sarà una nuova offensiva ma non talebana, bensì delle truppe Nato». Ieri Nancy Pelosi, la presidente democratica del Congresso ha ribadito alla Casa Bianca che «occorrono più risorse per la ricostruzione. Diciamo da tempo che la guerra contro il terrorismo dovrebbe accentrarsi sull'Afghanistan». Grazie a rinforzi principalmente americani e inglesi le forze internazionali raggiungeranno in primavera la quota record di 45mila uomini, la più alta dal 2001, quando cadde il regime talebano.
La situazione si sta scaldando anche nell’Afghanistan occidentale, sotto il comando italiano del generale Antonio Satta. Ieri l’esplosione di una bomba telecomandata ha provocato la morte di due agenti di polizia e il ferimento di 33 persone, fra i quali alcuni bambini. L’ordigno è stato nascosto vicino ad una scuola colpendo indiscriminatamente anche i civili. L’obiettivo era l’auto del capo della polizia di Farah, il capoluogo della provincia più meridionale del settore comandato dagli italiani. Negli ultimi giorni a Farah erano stati sequestrati due contenitori con 30-40 chilogrammi di esplosivo ciascuno e 37 mine antiuomo. Inoltre ad Herat, dove ha sede il comando italiano, rimane sempre alto il rischio di attacchi kamikaze, soprattutto sulla strada che porta dall’aeroporto. Ieri un comunicato del contingente italiano a Kabul ha rivelato che il 16 gennaio gli alpini del battaglione Feltre sono intervenuti all’ingresso di una delle basi americane di Kabul sventando un attentato.

Gli artificieri italiani hanno disinnescato una macchina minata con 100 chilogrammi di esplosivo.

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