Emiliano Farina
da Roma
Cosa cè dietro la retromarcia del governo sulla vertenza con i tassisti? Gli oltranzisti si affidano al concetto di «forza della piazza», i moderati a quello di «magia della concertazione». Altri, ai poteri di mediazione del sindaco di Roma, Walter Veltroni, «abile a togliere le castagne dal fuoco al governo». LUgl, una delle venti sigle sindacali che hanno partecipato al tavolo con il ministero, spiega invece il dietrofront con un principio meno nobile come «lincapacità e lincompetenza del ministero dello Sviluppo economico nellaffrontare la vertenza».
Dopo cinque giorni di scioperi selvaggi a coronamento di quasi due settimane di proteste in tutto il Paese, le richieste dei tassisti sulla modifica del decreto sono state accettate. Ma scontri (aggressioni e rischi di ordine pubblico) e disagi (paralisi delle città) hanno lasciato aperta una ferita che sul piano politico tarderà ad rimarginarsi. Pietro Marinelli, coordinatore Ugl-taxi (sigla politicamente distante dal governo), spiega i retroscena della vicenda. «Il ministro Bersani - dice al Giornale - è partito con il piede sbagliato: ha deciso tutto dallalto senza coinvolgere la categoria. Quindi ha inspiegabilmente affidato la vertenza ad alcuni funzionari che, oltre ad aver dimostrato di essere incapaci, non avevano alcun potere decisionale. Se Bersani si fosse occupato della questione per tempo e in modo serio, non avremmo creato tutti questi problemi al Paese. Se fossi il ministro, eviterei di giocherellare con categorie come le nostre». Per Loreno Bittarelli (Uri), Bersani è stato costretto a cambiare idea «dalla piazza e dalla guerra che si sarebbe scatenata in Parlamento».
Sul fronte dei sindacati vicini alle posizioni dellesecutivo, Fabio Parigi di Confartigianato Taxi è più diplomatico e interpreta così i motivi del cambio di rotta sul decreto: «Bersani non conosceva la situazione, ha cercato di entrare nello spirito della questione, ha provato a capire a cosa stava andando incontro, e poi ha trovato la soluzione: un pareggio». Per la Fit-Cisl «la vertenza tassisti si è conclusa con un due a zero e palla al centro, altro che pari - sottolinea Dario Balotta - il decreto non doveva essere fatto durgenza né cadere dallalto».
A fare da mediatore tra tassisti e governo, anzi «a incollare i cocci del vaso della trattativa, spaccato continuamente dallincompetenza dei funzionari del ministero», ribadisce Marinelli, ci ha pensato Veltroni. «Siamo stati noi tassisti a chiamarlo - continua lesponente dellUgl - e pur conoscendolo a fondo non labbiamo mai visto così in difficoltà. Mentre provava in tutti i modi a trovare un punto dincontro, il ministero, puntualmente, gli buttava giù il castello. Ma alla fine, da buon mediatore quanto cattivo amministratore, è riuscito a togliere le castagne dal fuoco a ministro e governo».
Lintesa appena raggiunta non convince il vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli. «Avrei preferito una maggiore liberalizzazione e la possibilità di creare nuovi spazi per gli utenti. Spero che il compromesso dia un buon risultato. Per saperlo bisognerà aspettare qualche mese e se il servizio funzionerà saremo soddisfatti, sennò bisognerà ritornare su soluzioni più coraggiose». Perplesso anche Mauro Fabris, capogruppo Udeur alla Camera: «Mentre si sviluppa il confronto con altre categorie, il governo non può dare l'idea di cedere alla piazza».
Ieri Bersani è salito a Palazzo Chigi da Prodi per rassicurarlo sulla bontà dellintesa e per spiegargli le modifiche ai contenuti dellemendamento. «Prima erano contrari - ha detto il ministro al premier - ma poi i tassisti hanno capito che queste misure convengono anche a loro. Vedrai che nessuno potrà negare che si è trattato di un vero cambiamento».
Come se la gioia dei tassisti in piazza Santi Apostoli sia stata frutto di un bel sogno, il Professore ha confermato con forza la volontà di continuare sulla strada delle liberalizzazioni «senza stop». Ma non nasconde la preoccupazione per il modo con cui si è conclusa la vertenza: «A livello di immagine il tam tam della categoria fa venir fuori una loro vittoria sul governo».
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