I teatri milanesi: ecco perché i conti non tornano

Teatro e finanziamenti, pubblici e privati. In altre parole, arte e denaro: rapporto spinoso, che diventa ancora più spinoso in momenti di crisi. I tagli al Fondo unico per lo spettacolo e alcune recenti dichiarazioni polemiche come quella di Alessandro Baricco sui finanziamenti ai teatri italiani - sintetizzabili in «Basta soldi pubblici ai teatri, puntiamo su tv e scuola» - hanno rinnovato la discussione intorno a temi sul tavolo da decenni, primo dei quali la legge per il teatro, in stand by dal 1948. Che cosa ne pensano gli amministratori dei teatri milanesi, che dovrebbero essere avamposto dell'applicazione di un modello europeo di gestione dello spettacolo, incentrato sull'introduzione di una gestione manageriale da affiancare alla tradizionale direzione artistica? Un saggio di Andrea Bisicchia, docente di Metodologia e critica dello spettacolo all'Università di Parma e direttore del Centro studi e comunicazione del Teatro Franco Parenti, l'ex Salone Pier Lombardo, dal titolo Fenomenologia teatrale e fenomenologia economica. I diversi saperi per progettare teatro (Utet), che indaga proprio i rapporti tra teatro ed economia in Italia, è stata l'occasione per far incontrare l'altro ieri (allo spazio Botega del Cafè e Cacao, corso Garibaldi) i direttori artistici dei principali teatri milanesi per dialogare sul rapporto tra teatro ed ente pubblico e su come far quadrare i bilanci senza intaccar l'autonomia di ricerca. Ne è emerso un quadro eterogeneo, cui diamo voce in questa pagina, riassumendo gli interventi dei partecipanti. Un quadro dove ad una visione utopico-sognatrice della gestione dei palcoscenici si va sostituendo un sano pragmatismo che non perde di vista la qualità artistica.

Riducendo la schizofrenia che ci vuole incapaci di sostenere la cultura proprio nel momento in cui la mettiamo a fondamento del nostro essere italiani, alcuni teatri milanesi propongono la sperimentazione - per ora portatore di riduzione o eliminazione del debito cronico e anche successo di spettatori - di un costo-poltrona sostenuto, oltre che dal finanziamento statale, da sponsor privati, da un pubblico pagante attratto soprattutto dalle idee nuove più che dalla polvere del palcoscenico e da figure ibride di artisti-manager che sanno far tornare i conti anche e soprattutto nei momenti di crisi.

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