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I tedeschi dell’Est sognano una Germania che non c’è

Delusi dal mancato benessere, atteso con la Riunificazione, nel voto di domenica dovrebbero favorire l’estrema sinistra

I tedeschi dell’Est sognano una  Germania che non c’è

Marcello Foa

nostro inviato a Lipsia

Appena fuori dal centro di Lipsia le strade sono rimaste come allora. Anche i volti della gente sono rimasti quelli di allora. Ma non c'è nulla di romantico, perché quelle strade e quei volti riflettono ancora il grigiore della vecchia Germania comunista. A 16 anni dalla caduta del Muro di Berlino il bilancio della riunificazione è sconsolante. Il governo federale continua a trasferire nei cinque Läender dell'Est somme enormi di denaro, pari al 4% del prodotto del Pil nazionale; circa 1400 miliardi di euro dalla caduta del Muro di Berlino, nell'autunno 1989, ad oggi. Ma quel boom tante volte promesso, da Kohl e poi da Schröder, qui non è mai arrivato.
L'economia è ferma, la disoccupazione oltre il 20%, gli investimenti produttivi drammaticamente esigui. Le case, che in tutto il mondo hanno raggiunto prezzi esorbitanti, sono incredibilmente a buon mercato. Certo, nella ricca Monaco una villetta monofamiliare costa 450 mila euro, a Düsseldorf 260 mila euro. Ma a Lipsia 160 mila euro, a Magdeburgo 110 mila euro. E i prezzi continuano a calare. Case belle, sia chiaro, nuove o ristrutturate. Ma il problema è che ce ne sono troppe sul mercato: il 40% delle abitazioni è disabitato.
Anche gli speculatori, questa volta, hanno sbagliato. Subito dopo la disoccupazione hanno investito miliardi nell'edilizia, convinti che nel giro di qualche anno i prezzi dell'Est si sarebbero avvicinati a quelli dell'Ovest. Mai previsione è risultata tanto sbagliata. E per una ragione assai semplice: pochi vogliono vivere in quella che un tempo era la Ddr. Chi può se ne va. In quindici anni un milione e 400 mila persone si sono trasferite a Ovest, quasi tutti giovani. E la prospettiva è che altrettanti se ne vadano da qui al 2020. Partono perché non trovano lavoro. E chi un impiego ce l'ha vive con l'angoscia del licenziamento: negli ultimi 9 anni in tutto l'Est ne sono stati persi 400 mila. Rimane chi ha più di 40 anni d'età e, ovviamente, tutti gli anziani. Ovvero un esercito di persone a carico dello Stato. Certo, arrivando a Lipsia si atterra in un bell'aeroporto, poi si percorre una moderna autostrada a tre corsie. Come sempre in Germania. Le linee ferroviarie sono efficienti, i telefoni idem, i tram puliti. Gli investimenti nelle infrastrutture sono stati cospicui, ma in misura inferiore al previsto, perché la maggior parte dei finanziamenti pubblici foraggia lo stato sociale: pensioni, sovvenzioni varie, sussidi alla disoccupazione. Nonostante i salari siano del 15-20% inferiori rispetto a Ovest e il reddito medio annuale sia di oltre 10 mila euro più basso, la gente non se la passa male. Nessuno patisce la miseria. Eppure sono tutti, o quasi, scontenti. E lo dimostreranno alle elezioni di domenica dando la maggioranza relativa al partito di estrema sinistra di Gysi e Lafontaine.
È nell'anima la vera frattura tra le due Germanie, è nello spirito con cui si affronta la vita. Responsabile e meritocratico a Ovest, seppur temperato da un radicato desiderio di giustizia sociale. Passivo ed egualitario a est. «Da noi molta gente continua a pensare che debba essere lo Stato a risolvere i loro problemi», osserva André Boehmer, vicedirettore del quotidiano della città Leipziger Volkszeitung. «Pochi dimostrano una vocazione imprenditoriale - conferma Matthias Bremke, quarantenne che ha lasciato Berlino per aprire un caffè-teatro nel centro storico di Lipsia - e la scuola certo non aiuta: gli insegnanti sono rimasti quelli dell'ex Ddr; non sono certo tifosi del libero mercato».
Pigri, indolenti, talvolta approfittatori. Oggi un cameriere o una commessa guadagna mediamente 1100 euro (rispetto ai 1400 di Monaco di Baviera), ma in disoccupazione ne riceve circa 800 più gli assegni familiari e un contributo per l'affitto: a conti fatti intasca più o meno la stessa cifra. E allora, perché cercarsi un lavoro? Poche settimane fa il leader della Csu, Edmund Stoiber, ha denunciato a chiare lettere le vistose lacune attitudinali dei tedeschi dell'Est ed è finito sotto accusa. Ma la sua analisi, seppur sbrigativa e sommaria, era davvero infondata? «Ho assunto molti disoccupati dell'Est, ma quasi sempre il risultato è stato disastroso: voglia di lavorare zero. Pensano solo alla sigaretta e alla pausa caffè». Parola di Marcello Seri, un calabrese che, partendo dal nulla, ha creato una catena di pizzerie, tra cui quella che si affaccia sulla Thomaskirchof, la zona più suggestiva di Lipsia. Sono gli stranieri e qualche audace tedesco dell'Ovest i veri - anzi, gli unici - imprenditori dell'Est. Troppo pochi per rilanciare una regione segnata, forse per sempre, dal socialismo reale.
marcello.

foa@ilgiornale.it

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