I telefonini di «3» in Borsa a fine anno

I telefonini di «3» in Borsa a fine anno

Maddalena Camera

da Milano

Dai fiori di plastica ai telefonini di terza generazione. Questo il percorso di Li Ka-Shing, settantasettenne miliardario cinese di Hong Kong proprietario di un colosso del business portuale come Hutchinson Whampoa che, nel 1999, decise di investire nella telefonia mobile Umts. Anche in Italia oltre che in Gran Bretagna, Australia, Danimarca, Irlanda, Israele, Norvegia e Svezia. E non c’è dubbio che senza la solidità finanziaria della società cinese nel nostro Paese i gestori di telefonia mobile sarebbero solo tre (Tim, Vodafone e Wind). Invece grazie ai miliardi di Hutchinson «3», il gestore mobile che fa capo alla società, può contare oggi su una rete Umts e su 4,5 milioni di clienti (contro gli 1,3 di agosto 2004). Eppure nonostante le perdite registrate nel lancio dei servizi di terza generazione nei vari Paesi i conti della casa madre sono floridi.
I profitti sono saliti del 10% a 1,2 miliardi nei primi sei mesi dell’anno, rispetto ai 10,7 miliardi del 2004. Li Ka Shing ieri ha confermato l’intenzione di quotare in Piazza Affari entro l’anno «3», guidata da Vincenzo Novari e valutata (secondo lo stesso gruppo cinese) tra i 10 e i 14 miliardi. Nel 2006 toccherà alla controllata britannica. La società ha investito nella telefonia mobile (non solo Umts in alcuni Paesi è presente anche con reti Gsm) 25 miliardi di dollari.
Dalla fine di marzo a oggi, secondo le cifre fornite dal gruppo, gli utenti Umts sono aumentati del 16%, un andamento superiore alle attese.

Hutchison ha specificato che il ricavo medio per utente (Arpu) nel primo semestre è stato di 43,1 euro al mese, e che il costo medio dell’acquisizione di ogni cliente è stato di 274 euro. In Italia l’Arpu di «3» è di 35,78 euro al mese, superiore cioè a quello di Tim, Vodafone e Wind che però contano rispettivemente 25, 22 e 13 milioni di clienti.

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