I tesorieri di An finiscono sotto processo

I panni sporchi si lavano in casa. E di una casa prestigiosa, quella di Montecarlo, si discuterà animatamente quest’oggi in una riunione fra parlamentari di Alleanza nazionale che grazie ai silenzi di Gianfranco Fini, e ai misteri della vendita dell’appartamento monegasco in cui vive il «cognato» del fondatore di An, sul punto si ritroveranno su posizioni antitetiche. Proprio per fare il punto sul patrimonio immobiliare del partito (incluso l’immobile dei misteri al 14 di Boulevard Princess Charlotte) in giornata si daranno battaglia i nove garanti del comitato di gestione più il senatore Francesco Pontone, presidente del comitato, una sorta di amministratore delegato senza poteri di voto, attore principale dell’affaire immobiliare anche se lo stesso, fino a ieri, tutto ha fatto tranne che prestarsi a chiarire i contorni di una vicenda sempre più complicata.

Di qua del tavolo ci saranno tre finiani: Egidio Digilio, Enzo Raisi e quel Donato Lamorte che sull’appartamento di Montecarlo (da lui visitato personalmente nel 2000 subito dopo la morte della contessa Anna Maria Colleoni proprietaria della casa ereditata dal partito) ha riferito ripetutamente ai giornali cose, diciamo così, poco precise. Di là, invece, sfileranno i parlamentari del Pdl Antonio Caruso, Pierfrancesco Gamba, Maurizio Leo, Francesco Biava, Roberto Petri e Peppino Valentino.

La riunione del comitato dei garanti rischia di diventare un passaggio cruciale dell’affaire immobiliare che si dipana, fra strade tortuose, lungo l’invisibile asse dei paradisi fiscali che un partito della repubblica, come quello cui faceva riferimento il nuovo paladino della legalità, non dovrebbe frequentare. Sia l’onorevole Donato Lamorte che il senatore Francesco Pontone, finiani di ferro, saranno chiamati a dire la loro, a esibire carte, pezze d’appoggio, giustificativi a una compravendita diventata un gran pasticcio politico, finanziario, familiare. E giudiziario, se è vero che l’ex esponente di An, Francesco Storace, della vicenda ha interessato la magistratura.

Questa di domani, sulla carta, doveva essere una coda della riunione precedente, voluta per definire l’ordinaria amministrazione e i campi d’azione del comitato di gestione. Una riunione fissata in tempi non sospetti, cioè ben prima che affiorasse lo scandalo di Montecarlo e che nelle intenzioni dei garanti sarebbe dovuta servire a discutere degli aspetti tecnici dell’immenso patrimonio di Alleanza nazionale. Ovviamente adesso terrà banco la compravendita dell’immobile monegasco a una società off-shore dei Caraibi che l’ha rivenduta ad un’altra società off-shore che l’ha poi affittata al «cognato» di Gianfranco Fini. Un’alienazione a un prezzo più basso rispetto alle stime di mercato (appena 300mila euro), addirittura di un milione e duecentomila euro inferiore se uno va a confrontarlo con quello rifiutato dal partito quando a proporlo era stato, nel 2005, uno dei condòmini del palazzo in cui vive Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, compagna di Fini. La vicenda dell’appartamento di Montecarlo entra di diritto in cima all’ordine del giorno della riunione del comitato.

Le rivelazioni del Giornale impongono chiarimenti immediati ed esaustivi.

E se Lamorte e Pontone fin qui hanno detto, e non detto, tutto e il contrario di tutto, difficilmente potranno concedere il bis ai colleghi del comitato di gestione interessati a capire se è stato depauperato il patrimonio di An svendendone un pezzo pregiato a una società che ha sede in un paradiso fiscale tenuto sotto stretta osservazione dall’Ocse per il riciclaggio internazionale. Il fatto che adesso l’appartamento lo occupi, in affitto, il «cognato» del presidente della Camera, è un dettaglio che al comitato non interessa. Al Comitato no, al Giornale e all’opinione pubblica sì.

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