I turisti dicono sì al ticket per entrare in Duomo

Il sagrato e i basamenti del Duomo sono un punto d’appoggio. Stanche, le genti di ogni razza si posano sui gradini, sui marmi, sui piccoli scranni. Entrano ed escono sotto il segno del rispetto. Se per andare oltre quella porta si dovesse pagare, cosa succederebbe? «Lo chiede a me che sono di Roma, dove per pernottare si sborsa una tassa di soggiorno come si può notare dai listini degli alberghi? Se c’è uno scopo al biglietto, non ci vedo nulla di strano» dice Stefano Rossi, 36 anni. Però nelle chiese della Capitale non c’è biglietto? «No, perché già c’è nella città. È certo che se si mette la cattedrale sul mercato, il mercato entra in cattedrale. Ma su un ticket temporaneo, che giovi al monumento in uno stato d’eccezione per portare alla città un ritorno d’immagine, non vedo perché no!».
Pagamento a termine, quindi, per emergenze particolari. Ma l’ipotetica decisione di monsignor Luigi Manganini non prevedeva la temporaneità dovuta, ad esempio, al restauro della guglia. E allora? «Allora no. Non è corretto - commenta Leo Scelsi, foggiano, 65 anni -. Devolviamo l’8 per mille alla Chiesa, quindi un ticket nei luoghi sacri non mi sembra opportuno». Stessa opinione anche per Luca Indiveri, milanese, 38 anni. «Non concepisco un obolo per il Duomo, né per i fedeli, né tantomeno per i turisti. Sono tre i fulcri d’attrazione di Milano: la Cattedrale, il Castello Sforzesco, il museo del Milan e dell’Inter, che costa ben 18 euro. Se il malcapitato turista deve scucire il portafoglio in ogni luogo, qui non ci viene più di certo. Anzi, scappa».
Su polo oposto, invece, il trentaseienne Andrea Orlando. «In quanto cittadino ambrosiano sarei contento di poter partecipare alla bellezza della mia città. Concettualmente non è sbagliato. Anche se, mi consenta un’osservazione, alla Chiesa non credo che manchino i soldi per salvaguardare i suoi beni». Uguale opinione per Luljete Rotagni, 34 anni, di nascita albanese, ma da un decennio cittadina di Torino. Sta fotografando il Duomo insieme al giovane figlio Jorald, quindicenne. «Mi risulta che il Vaticano non sia di certo povero - nota Luljete -. E’ vero che molto denaro esce per opere di solidarietà sociale, ma non vedo perché non pianificare al meglio gli «investimenti» in modo che alcuni siano destinati ai beni culturali». D’accordo anche Jorald. «Un luogo sacro - commenta - dovrebbe essere gratuito. Un museo va pagato, un tempio di devozione dello spirito, no».
Adriana Quaranta, di nonno italiano emigrato, arriva con il marito dalla città di Rosario in Agentina. «L’obolo è bueno - osserva - . In uno dei più celebri santuari di Buenos Aires, la Basilica de Nostra Signora de Lujan, i turisti vengono raggruppati in comitive e la visita è a pagamento. Non c’è altro modo per mantenere al meglio bellezze come questa» dice, indicando il Duomo. «Coccolare» un monumento, affinché sia perfetto nei minimi dettagli, non è effettivamente robetta di poco conto. Ci scommette anche Giuseppe Gangi, 23 anni, di Agrigento. «Se le entrate di denaro servono solo per la struttura, le statue e per tutti gli altri decori di questa spledida opera, benvenga il biglietto. Ma il denaro non deve servire per altri generi di fini, nel senso di scopi».
Si alza più di un indice sulla politica delle finalità e dei buoni propositi che vadano direttamente in porta alla cultura, uno dei campi più importanti del nostro Paese. Enrico Olla Atzeni, 19 anni, è sardo di Iglesias. «Sono contro il ticket per questo monumento se poi all’interno rimane sguarnito di ogni tipo di servizio. Non ne faccio una questione religiosa, cioè non mi indigno per un pedaggio in una chiesa.

Pagare in un museo è giusto, perché poi dentro trovi una serie di optional, la guida ad esempio, che giutifica il costo. Se con il ticket mi garantiscono questo anche in cattedrale, allora ci sto». Anche Federico Chiesa vota per il «sì». «Ma a condizione che ogni cifra sia investita esclusivamente per curare il fascino del Duomo».

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