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I Verdi si fanno la guerra, Pecoraro tira le fila

I Verdi si fanno la guerra, Pecoraro tira le fila

RomaIl sole, ormai, nessuno lo vede più. E dunque che rida o pianga interessa solo a pochi intimi. Ma il paradosso dei paradossi che accompagna il tramonto dei Verdi in Italia, proprio mentre trionfano in Francia, è che i personaggi dei due schieramenti che si dilaniano sulle spoglie sono stati quasi tutti degli «ogm», ovvero dei «Pecoraro’s not free». La giornalista Grazia Francescato, tanto per fare un esempio, per due volte sulla poltrona di portavoce grazie alla maggioranza bulgara dell’ex leader (arrivò quasi al 90 per cento). Oppure Angelo Bonelli, uomo macchina nel Lazio, che l’ex leader volle lanciare a tutti i costi, fino a nominarlo capogruppo parlamentare.
Oggi Bonelli, assieme a Marco Boato e Gianfranco Bettin (che Pecoraro invece non hanno mai sopportato), forti di un discreto successo alle Europee nel Nordest, cercano di sfruttare l’onda francese e trasformare i Verdi in un movimento alla Cohn-Bendit. Sganciarsi dalla sinistra e tornare autonomi come, dicono, era previsto dalla Costituente Verde. Ma anche la Francescato e il suo maggior alleato, Paolo Cento, si richiamano alla Costituente, affermando che l’unica prospettiva è lavorare dentro la vendoliana Sinistra e libertà. Come avrebbe voluto Pecoraro che, difatti, sostenne l’idea dell’Arcobaleno.
Dunque, i topini creati da Pecoraro litigano, e presto si vedranno anche in tribunale per una storia legata al tesseramento, in vista del congresso di Fiuggi del prossimo 12 ottobre. Ma Gatto Alfonso? Entrambi gli schieramenti lo sentono, gli chiedono consigli, sono sicuri che al momento giusto tornerà in campo per sostenerli. Lui non fa nulla per deluderli. Sonnecchia o, meglio, finge di sonnecchiare. Si dedica alla sua fondazione (l’Università Verde), cerca di rimpolpare la sua rete tra universitari e intellettuali, e pare mirare a un ritorno in campo più in grande stile, puntando su giovani e liste civiche. D’altronde Beppe Grillo non utilizza cavalli di battaglia dei Verdi? I suoi collaboratori l’hanno sentito lamentarsi tanto dell’alleanza con Vendola (nella quale i Verdi non contano più nulla, avendo avuto 90mila voti circa sui 900mila di Sinistra e libertà), tanto dell’idea di fare un partito alla Cohn-Bendit: «In Italia equivarrebbe a mettere assieme, con il placet di Berlusconi, Coldiretti, Di Pietro e qualche moderato alla Piero Angela... che c’azzecca?», avrebbe sbottato l’ex leader. Già, perché il successo degli ambientalisti francesi si deve in gran parte all’aiuto sottotraccia di Sarkozy (che voleva indebolire i socialisti) e può contare sull’anomala alleanza tra gli ecologisti moderati, il movimento anti-ogm di Bovè e della popolare magistrato anti-corruzione Eva Joli.
Più terra terra il livello dello scontro italiano, con la maggioranza che ha invalidato 374 tessere consegnate in maniera irregolare. In ballo le Regionali del Lazio del prossimo anno, nelle quali Bonelli si gioca il suo peso nel partito.

Sempre che un partito ci sia, l’anno prossimo.

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