Guerra fredda, dischi volanti, LSD, b-movies, lavaggio del cervello, robot e invasori dallo spazio profondo. In un saggio appena pubblicato in Italia da Isbn, Benvenuti su Marte (pagg. 240, euro 24), lo scrittore inglese Ken Hollings, autore radiofonico della BBC ed editorialista di The Wire, ci racconta lo «spazio», non solo temporale, che invase l’America tra il 1947 e il 1959. Non certo un decennio anonimo: in quel preciso lasso di tempo «gli americani iniziarono a immaginare il futuro». Con tutta la bellezza, ma anche gli orrori, di una nazione che, appena uscita da una guerra, aveva deciso di imporre il proprio immaginario collettivo al mondo intero.
Il laboratorio di quegli esperimenti alla conquista del nostro «spazio interiore», quell’inner space indagato anche dallo scrittore James Ballard, si può far risalire proprio al decennio preso in considerazione da Hollings. E se il titolo è a dir poco infelice (Benvenuti su Marte fa subito pensare a omini verdi e mostriciattoli), non lo è il libro, che indaga sul «lato oscuro» dell’America senza (quasi mai) cadere nelle leggende metropolitane. Hollings si attiene in quasi tutte le pagine ai fatti. E così la costruzione di una città moderna o la presentazione di un nuovo modello di Barbie diventa, anche grazie a una scrittura sospesa tra il surrealismo alla Cocteau e il postmoderno da Arcobaleno delle gravità di Thomas Pynchon, uno scenario inquietante.
Ci ricorda che «gli Stati Uniti non solo erano l’unica nazione in possesso di un arsenale atomico, ma anche, sotto uno stretto controllo di copyright, dei filmati della bomba A girati a Hiroshima e Nagasaki». Ogni volta, quindi, che riviviamo l’orrore nucleare in realtà paghiamo la «visione» in dollari. Ci ricorda che Ronald Reagan, quando ancora era un attore, era testimonial di una campagna pubblicitaria che annunciava come «Il progresso è il nostro prodotto più importante». Dopo quarant’anni (neanche uno sceneggiatore di fantascienza avrebbe immaginato tanto), Reagan sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti. Rimarcando uno dei moniti più incisivi della storia della letteratura americana: quando Mark Twain in Wilson lo zuccone scrive che «l’America è una nazione che continua a progredire ma in cui nessuno progredisce veramente». Mai ci si immaginerebbe che una piccola cittadina di case prefabbricate, costruite su un campo di patate a metà tra New York e le fabbriche di munizioni di Long Island, sarebbe stata presa a prestito come modello ideale di «vita standard».
Quel primo esperimento «urbanistico prefabbricato» divenne il sogno americano. Villette con giardinetto e barbecue hanno popolato non solo la vita reale, ma anche tanta narrativa di scrittori come Raymond Carver o Richard Yates che proprio in quei paradisi hanno sempre visto la miglior rappresentazione dell’inferno domestico usa&getta. Un piccolo incubo ad aria condizionata che rende l’idea di come in questo Benvenuti su Marte la differenza tra alieni e alienati sia spesso irriconoscibile. Come quando Hollings, nel capitolo dall’ironico e feroce titolo «Lo stile Buchenwald», si sofferma su alcuni esperimenti condotti nel 1950 su alcuni bambini con difficoltà di apprendimento. Informati i genitori che sarebbero stati oggetto di particolari cure mediche per «migliorare l’alimentazione» e quindi l’intelligenza, i piccoli ignari scolari furono nutriti con «fiocchi d’avena arricchiti di calcio radioattivo». Un esperimento, creato dal governativo MIT di Boston, proseguito per oltre tre anni.
Sempre nel 1950 «i sottomarini della marina americana diffusero in alcune zone della baia di San Francisco il batterio Serratia marcescens per usarlo come tracciante biologico di un possibile attacco all’antrace» con gravi conseguenze, in undici casi mortali, per la popolazione. Per non parlare di come l’LSD venne impiegato per sperimentare le possibilità del cervello su cavie umane del tutto ignare e che così, da un momento all’altro, si trovavano al centro di allucinazioni e trip non cercati ma ricercati. Nel 1947 l’LSD venne addirittura messo in vendita nelle farmacie dalla Sandoz, sotto il nome di Delysd come «farmaco capace di combattere l’alcolismo e le devianze sessuali». Nel 1952, come rivelano gli archivi oggi pubblici della Cia, il «Progetto Artichoke» è una ricerca «scientifica» che mira «a far compiere alla mente azioni che normalmente non sarebbe disposta a fare». A questo scopo, utilizzando cavie umane «volontarie» sia tra i militari sia tra i civili (per lo più neri, detenuti, pazienti dei manicomi e malati terminali), si usano «terapie» come l’ipnosi, l’elettroshock ma anche procedure chirurgiche come le lobotomie frontali.
Benvenuti su Marte diventa così una lettura fondamentale per comprendere scenari nascosti in nome di un progresso umano in cui, come ha sempre sostenuto il grande scrittore di fantascienza Philip Dick, i veri alieni siamo noi.
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