Se si arriva a pronunciare la parola «dimissioni» vuol dire che il livello di guardia è stato abbondantemente superato, tanto che tra i dirigenti di vertice del Pdl le telefonate si rincorrono da venerdì notte fino al tardo pomeriggio di ieri. Il ritorno del Cavaliere in prima linea, i suoi affondi e la sua «disponibilità» a tornare in campo «a tempo pieno» aprono infatti una breccia a via dell’Umiltà come mai era capitato prima. Sì, gli ex An sono i più nervosi e arrabbiati, quelli che minacciano fuoco e fiamme. Ma per la prima volta a memoria d’uomo anche buona parte degli ex azzurri è letteralmente fuori dalla grazia di Dio. Off the record, certo, ma è impossibile trovarne uno che non pensi che l’uscita del Cavaliere a Fiuggi abbia di fatto segnato uno spartiacque e incrinato la leadership di Angelino Alfano. Ecco perché tra le decine e decine di telefonate che si rincorrono c’è anche chi ipotizza le dimissioni. «Se Angelino non rimette il mandato di segretario del Pdl ne esce completamente depotenziato», ripete più di un ex ministro di area Forza Italia. La voce, probabilmente, arriva pure al diretto interessato, anche se con il passare delle ore si arriva a più miti consigli.
Resta scolpita nella pietra, però, la convinzione che Berlusconi voglia superare il Pdl, che stia ragionando su un altro scenario nel quale il partito si ridurrà a una sorta di bad company destinata solo a perdere voti, pagando lo scotto del sostegno a Monti mentre il Cavaliere inizia a spostarsi su un versante più movimentista puntando sulle liste civiche. «Perché tornare in prima fila con tanta forza e determinazione equivale ad ammazzare le primarie e quindi ammazzare Alfano», spiega un ex ministro. «Perché è evidente che esiste un problema di linea politica, visto che Berlusconi deve decidere se appoggiare De Gasperi o la Repubblica di Salò che ipotizza l’uscita dall’euro», gli fa eco un dirigente di punta di via dell’Umiltà. Ma la sintesi la fa un altro ex Forza Italia che è stato ministro nello scorso governo: «La sensazione è che Berlusconi voglia dare in pasto all’opinione pubblica e all’antipolitica non solo il Pdl ma tutto il suo gruppo dirigente».
Tensione alle stelle, insomma. Con i big del Pdl che studiano una «reazione proporzionata». Sono loro a infilare uno dopo l’altro una batteria di dichiarazioni piuttosto esplicite sulle primarie: «Sono state decise alla presenza di Alfano e Berlusconi, adesso si facciano». Lo dicono tutti, da Cicchitto a Corsaro, da Gasparri a Quagliariello, passando per Fitto, Lupi, Alemanno, Meloni e Sacconi. Lo dice lo stesso Alfano. Ma c’è chi è più netto, come Crosetto che è disposto ad «accantonare i sentimenti» e invita il Cavaliere a «mettersi pancia a terra con noi ed Alfano». Ma il senso è chiaro: le primarie si faranno e il partito sosterrà il segretario. Un modo educato per invitare Berlusconi a rivedere la sua linea.
Insomma, tanto è il timore che sul Pdl si stia per abbattere un vero e proprio tsunami che tutti si ricompattano dietro il segretario. Nonostante montino le perplessità non solo per la sua risposta di ieri a Fiuggi (dove ha derubricato gli affondi del Cavaliere a «forzature giornalistiche») ma anche per il suo «immobilismo» di quest’anno, per il suo continuare a «gettare acqua sul fuoco minimizzando quanto sta accadendo». Giusta o sbagliata, infatti, la sensazione del resto del partito è che si sia a un passo dal burrone. Altrimenti non si starebbe pensando a formalizzare una data delle primarie già domani (così da provare a imbrigliare il Cavaliere) o addirittura buttare giù un documento di sostegno ad Alfano. Senza parlare di chi teorizza di lasciare il Pdl e costituire gruppi parlamentari autonomi.
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