I vescovi ai politici: la Chiesa non si fa intimidire

Andrea Tornielli

da Roma

«Non c’è alcun bisogno di un riconoscimento pubblico» per le coppie di fatto gay o etero e se questo avvenisse sarebbe «un gravissimo danno al popolo italiano». La preoccupazione per questo fenomeno appare «paradossale» e frutto di «un approccio sostanzialmente ideologico», soprattutto di fronte alla «persistente e grave mancanza di politiche a sostegno della famiglia». Con queste parole i vescovi italiani tornano sull’argomento dei Pacs, dopo le polemiche suscitate dalla presa di posizione di Romano Prodi e la risposta del cardinale Ruini.
Ieri mattina a Roma il segretario della Cei Giuseppe Betori ha illustrato ai giornalisti il comunicato finale del consiglio permanente dei vescovi che si è svolto la scorsa settimana. Vi sono citate le polemiche sulle coppie di fatto, le accuse di «ingerenza» rivolte alla Chiesa in questi giorni e anche la contestazione contro il cardinale Ruini inscenata a Siena venerdì scorso da un gruppo di studenti dei Giovani Comunisti. Sulle coppie di fatto, i vescovi ritengono «veramente paradossale e frutto di un approccio sostanzialmente ideologico» la «preoccupazione per un fenomeno assai marginale, anche rispetto alla sua effettiva rilevanza sociologica, a fronte invece della persistente e grave mancanza di politiche a sostegno della famiglia, le cui conseguenze si riflettono in particolare sul triste primato italiano della denatalità».
Per quanto accaduto a Siena, Betori ha ricordato le parole di Ruini, che aveva definito «un piacevole intermezzo» la contestazione degli studenti che per una decina di minuti gli avevano impedito di parlare. I fischi, ha spiegato il Segretario della Cei, sono «episodi di intolleranza» che non stupiscono più di tanto, mentre «stupiscono piuttosto taluni commenti che hanno voluto caricare la vicenda di significati politici». Quanto all’accusa di ingerenza, «la Chiesa non si lascia certo intimidire e non verrà mai meno, nell’esercizio del discernimento evangelico e della carità pastorale, al suo dovere di parlare in modo forte e chiaro per illuminare i credenti e tutti gli uomini di buona volontà su materie che riguardano la fede e la vita ecclesiale sia su temi di grande rilevanza morale, come la vita umana, la famiglia, la giustizia e la solidarietà».
«Tali interventi - ha continuato Betori - non possono in alcun modo essere considerati un’indebita interferenza e tanto meno un’ingerenza nella vita del Paese. Rappresentano piuttosto il costruttivo contributo del cattolicesimo al bene e allo sviluppo della nostra amata nazione. Con questa serena convinzione, continueremo a parlare». Il segretario della Cei ha commentato poi i risultati di un sondaggio dal quale risulta che il 70 per cento degli italiani ritiene «opportuno» che la Chiesa si pronunci e cerchi di influenzare le scelte legislative: «È questa una convalida da parte della coscienza diffusa del popolo italiano, dal sentire la religione cattolica come qualcosa che fa parte della vita delle persone». Una consonanza verificata anche in occasione del referendum sulla legge 40.
Betori ha quindi assicurato che «né i vescovi né tantomeno il cardinale Ruini intendono prendere il posto della Consulta nel decidere ciò che è costituzionale e ciò che non lo è». «Solo prendiamo atto - ha aggiunto - che gli organi competenti hanno espresso precise disposizioni su ciò che è il matrimonio e ciò che non lo è». Quanto ai politici che invocano autonomia, il Segretario della Cei ha detto: «Non vogliamo togliere ai politici e tanto meno ai politici cattolici lo spazio di una giusta autonomia. Resta però nostro dovere che se qualcosa si va prefigurando come assomigliante a una famiglia, ciò contrasta con la morale cattolica che prevede una sola famiglia».


Nel comunicato finale i vescovi, oltre a «rilevare le crescenti tensioni sul versante politico» con l’avvicinarsi della scadenza elettorale del 2006, «hanno espresso viva preoccupazione per le gravi difficoltà economiche che, pur fra segnali contrastanti, continuano a far sentire i loro effetti sul Paese, con forti disagi per le popolazioni e le famiglie, specie nel Sud, già penalizzato dalla crisi occupazionale». La Cei auspica in particolare l’impegno del governo per arginare gli effetti della crisi.

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